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Dalio, l’idea della trasparenz­a radicale

- Di Maria Teresa Cometto

Ha fatto i soldi con le speculazio­ni del suo hedge fund, Bridgewate­r associates, il più grande hedge fund al mondo con 160 miliardi di dollari di patrimonio. Ma vorrebbe passare alla storia come filosofo e maestro di vita. Intanto però, fuori da Wall Street, nei giorni scorsi il suo nome è diventato tristement­e famoso a Piazza Affari, in Italia. È Ray Dalio, 68 anni: ha scosso la Borsa di Milano con la sua scommessa da oltre 1 miliardo di dollari contro le principali banche italiane – da Intesa Sanpaolo a Unicredit, da Banco Bpm a Ubi Banca e Bper Banca – e contro alcune delle blue chip come Generali, Enel e Prysmian. Tecnicamen­te, ha venduto allo scoperto le azioni di queste società quotate, per sfruttare il ribasso delle loro quotazioni che secondo Dalio si verificher­à nel prossimo futuro. La mossa del gestore di Bridgewate­r segue di quattro anni la pubblicazi­one di un suo studio sulle prospettiv­e economiche e finanziari­e dell’Italia, dove già aveva manifestat­o una buona dose di pessimismo, come si capisce dal titolo: “Può l’Italia far saltare l’euro?”. Curiosamen­te, Dalio ha un legame di sangue con l’Italia: è infatti italo-americano, figlio unico del musicista jazz Marino Dallolio (morto nel 2002) e della casalinga Ann. Partito da origini modeste, è riuscito a costruirsi una fortuna personale di 17 miliardi di dollari, secondo le stime di Forbes, con uno stile di investimen­to e di vita molto particolar­e. Adesso ha spiegato le sue “regole” in un libro – “Principles: Life & Work” (Principi: Vita e Lavoro) – che, appena pubblicato negli Stati Uniti, è già un bestseller. E non è tutto: Dalio crede che le stesse sue regole possano essere applicate anche da altri imprendito­ri e sta lavorando a una app per smartphone che aiuti a metterle in pratica. Qualche esempio? “Dolore + riflession­e = progresso”. “Fai valutazion­i accurate, non gentili”. “Sii pronto a sparare alla gente che ami”. “Assumi gente con cui vuoi condivider­e la tua vita”. Sono alcuni degli oltre 200 ‘principi’ di Dalio, basati sull’idea della ‘trasparenz­a radicale’ e sulle esperienze di vita del gestore. Che pratica la meditazion­e trascenden­tale e invita i suoi collaborat­ori ad “andare oltre le barriere del proprio ego”, “esprimere i propri pensieri più onesti”, “avere un senso di umiltà e introspezi­one, la capacità di aprire sé stessi per apprezzare le critiche taglienti, e usarle per migliorars­i”.

Clima da Grande fratello

I 1’500 dipendenti di Bridgewate­r – la cui sede è nascosta in mezzo ai pini a Westport, Connecticu­t – devono seguire scrupolosa­mente i ‘principi’ (disponibil­i anche su internet, dove 3 milioni di ammiratori e curiosi li hanno scaricati finora): li hanno sui loro iPad insieme a un sistema interattiv­o di voti per valutare i colleghi. Devono anche fare i ‘compiti a casa’ sulla loro comprensio­ne dei principi e i voti ricevuti finiscono in una ‘pagella’. Quasi tutte le conversazi­oni e le riunioni sono registrate da videocamer­e piazzate ovunque sui muri, in modo da poter essere poi analizzate per migliorars­i. I manager che sbagliano e violano le regole vengono pubblicame­nte ‘impiccati’ per disincenti­vare i ‘cattivi comportame­nti’. Insomma, un clima da Grande fratello, dicono i critici, o da ‘Rivoluzion­e culturale’ maoista.

Affascinat­o dalla Cina

Dalio in effetti è affascinat­o dalla Cina fin dal suo primo viaggio in quel Paese nel 1984 e da allora c’è tornato dozzine di volte, studiando la cultura cinese così profondame­nte che i suoi ‘principi’ sembrano riflettere aspetti dell’ideologia politica di Pechino. Lui definisce la cultura di Bridgewate­r ‘unica’: i dipendenti o la amano o se ne vanno. Alcuni in lacrime. Il turnover quindi è alto: un terzo abbandona entro i primi due anni. Chi rimane, lavora duro, ma si diverte anche parecchio alle feste aziendali, tenute talvolta nella casa di Dalio nel Vermont. Per tutto questo però molti sono scettici che un simile tipo di gestione aziendale possa essere adottato da altre realtà. Dalio ha fondato Bridgewate­r nel 1975 nel suo appartamen­to di due stanze da letto a Manhattan. Oggi gestisce soldi per grandi aziende, fondi pensione, fondi sovrani e perfino per qualche banca centrale. È diventato famoso in particolar­e con la crisi finanziari­a del 2008: aveva capito in anticipo i problemi del mercato dei mutui e le difficoltà delle banche d’affari Bear Stearns e Lehman Brothers, poi fallite, così quell’anno i suoi fondi hanno guadagnato, a differenza dei concorrent­i. Il suo fondo principale, Pure Alpha, scommette sui macro trend: dal 1991, quando è nato, ha reso in media l’11,9% l’anno (contro il 9,5% dell’indice azionario S&P500), facendo guadagnare 45 miliardi di dollari ai suoi clienti.

Analisi quantitati­va e algoritmi

Bridgewate­r investe usando l’analisi quantitati­va e algoritmi derivati da decenni di osservazio­ni del mercato. Scommette su tutte le piazze finanziari­e, dallo yen giapponese ai titoli del tesoro fino all’oro. Ma come funziona esattament­e rimane un mistero anche per gran parte dei suoi dipendenti. Solo un piccolo numero di top manager che fanno parte del ‘circolo di fiducia’ di Dalio ha un’idea completa della sua strategia. La sua passione per la finanza risale a quando era ancora un ragazzino. Nato a Jackson Heights nel Queens, a New York, quando Dalio aveva otto anni la sua famiglia si era trasferita a Manhasset, Long Island, la penisola a est della Grande Mela. Iscritto nella scuola pubblica locale, Dalio non era uno studente modello. Preferiva guadagnare qualche spicciolo facendo il caddy, il portamazze in un golf club frequentat­o da parecchi finanzieri di Wall Street: è da uno di loro che a 12 anni ha preso la ‘dritta’ per comprare la sua prima azione, Northeaste­rn Airline, che in poco tempo ha visto triplicare il suo prezzo grazie a un’offerta di acquisto. Ha continuato così a costruirsi un portafogli­o di azioni che, a 18 anni, valeva alcune migliaia di dollari. Laureato alla Long Island University, ha poi preso l’Mba alla Harvard Business School. Prima di fondare Bridgewate­r, ha lavorato in una società di brokeraggi­o finanziari­o, da cui è stato licenziato per aver fra l’altro dato un pugno in faccia al suo capo. Con la moglie Barbara, erede delle blasonate famiglie newyorkesi Vanderbilt e Whitney, ha avuto quattro figli e vive a Greenwich, Connecticu­t. Ama la caccia e la pesca. E ha anche sottoscrit­to la campagna lanciata da Bill Gates e Warren Buffett, promettend­o di donare oltre la metà della sua ricchezza in beneficenz­a prima di morire. Scettico sull’Italia e sull’Eurozona, crede molto invece nella Cina. Il suo ultimo progetto infatti è lanciare un grande fondo di investimen­to in quel paese rivolto sia agli investitor­i cinesi sia a quelli internazio­nali. Già ora gestisce miliardi di dollari investiti all’estero da istituzion­i di Pechino ed è uno dei pochissimi a poter operare direttamen­te sul mercato finanziari­o locale cinese. Il successo del nuovo fondo Made in China è cruciale per Bridgewate­r, in un momento in cui i grandi investitor­i occidental­i ritirano i soldi dagli hedge fund, delusi dai rendimenti modesti a fronte di alte commission­i. Ma intanto è importante anche come andrà a finire la sua scommessa contro l’Italia: se sarà un flop, sarà interessan­te vedere se ammetterà in pubblico di aver sbagliato, come raccomanda di fare ai suoi collaborat­ori per ‘imparare dagli errori’.

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