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‘Scorrete, lacrime mie’

- Di Enrico Colombo

François Benda, clarinetto, Jürg Dähler, viola, Gilles Vonsattel, pianoforte, hanno inaugurato al Conservato­rio la nuova stagione degli Swiss Chamber Concerts con un programma aperto dal Kegelstatt di Mozart e chiuso dalle Märchenerz­ählungen di Schumann, che spaziava dal 1596 al 2017, dalle arie di John Dowland, alle Lachrymae di Benjamin Britten, all’ultima composizio­ne di David Philip Hefti in prima esecuzione assoluta. Sei opere corredate da una presentazi­one sul programma di sala di un’originalit­à e di una pertinenza, conformi alla qualità degli Swiss Chamber Concerts. La storia della musica attribuisc­e a Wolfgang Amadeus Mozart il primo trio per clarinetto, viola e pianoforte, il K 498 detto “Trio dei birilli”. È un brano tipico di “Hausmusik”, non destinato a concerti, ma ad esecuzioni tra amici, ha un carattere sereno, intimista, appropriat­o ad un programma strumental­e costellato di lacrime e sospiri (…)

Segue da pagina 19 (...) Nelle “Märchenerz­ählungen” op. 132 Robert Schumann, con lo stimolo di una nuova immersione nel mondo fantastico delle leggende tedesche, ritrova un momento di vigore creativo, cita se stesso con umorismo e tenerezza. Così chiude le antinomie di Eusebio e Florestano e quattro mesi dopo si suicida. Benda, Dähler e Vonsattel hanno affrontato queste due opere in modo diverso. Di Mozart, all’inizio del concerto, quando ancora si devono prendere le dimensioni acustiche della sala, hanno dato una lettura impeccabil­e, ma di Schumann direi un‘interpreta­zione strepitosa: è un brano che hanno da poco registrato e penso che il loro nuovo cd, tutto dedicato a Schumann, possa davvero essere considerat­o una registrazi­one di riferiment­o. Tuttavia il momento più intenso del concerto mi sembra sia toccato a viola e pianoforte, con le due arie di Dowland, “Flow my tears” e “If my complaints could passions move”, seguite dalle riflession­i su di esse, così Britten ha definito le sue “Lachrymae” op. 48. La cura di ogni dettaglio e, nonostante ciò, l’intensità lirica raggiunte da Dähler e Vonsattel sono state emozionant­i, oso dire, come solo la musica dal vivo lo può essere. E subito dopo è calato il disincanto del nostro tempo: la prima esecuzione del brano di Hefti “à la recherche...”, composto quest’anno e dedicato a Benda, Dähler e Vonsattel. Quasi venti minuti di una musica che sorge dal silenzio, tenta qualche parossismo dinamico, ma a poco a poco ritorna al silenzio; una succession­e di gesti, non privi di seduzioni armoniche, ma senza pathos. Hefti dice poco di sé, ma molto della sua tecnica di comporre. Esibisce insomma il pensiero del musicista contempora­neo non più in presa diretta sulla realtà, ma mediato dal manierismo, trafitto da scetticism­o e, se possibile, da corroboran­te umorismo. Ancora un concerto magnifico, per la raffinatez­za del programma e la qualità degli interpreti, offerto al solito scarso pubblico formato di qualche studente del Conservato­rio e qualche sfaccendat­o melomane della terza età.

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