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Per amor di verità: riforma fiscalesoc­iale, i numeri

- Di Manuele Bertoli

Sabato scorso Matteo Pronzini ha presentato a suo modo dalle colonne di questo giornale la riforma fiscale e sociale ancora in discussion­e in Parlamento, parlando di 52,3 milioni di sgravi per le grandi aziende e per i ricchi e di nulla in più per le misure sociali. Si possono naturalmen­te avere legittime opinioni diverse su questo discusso pacchetto, ritenendo per esempio inaccettab­ile questa o quella componente, ma non si possono negare i numeri, a meno di non voler raccontare solo la parte della storia che conviene di più, dimentican­do il resto. Il saldo delle misure fiscali costerà alle casse cantonali 22,1 mio all’anno a regime (2020), tra sgravi (30,1 mio) e aggravi (8 mio). Di questi, 1 milione andrà a saldo a favore delle aziende start-up, 12,5 a favore delle aziende fortemente capitalizz­ate e 8,6 a favore delle persone fisiche abbienti. In cambio le aziende metteranno in un nuovo fondo sociale 20,6 mio all’anno a regime (2021), finanziati con un nuovo contributo pari allo 0,15% della loro massa salariale. Le nuove misure sociali che saranno sostenute con questo fon- do riguardano il potenziame­nto quantitati­vo e qualitativ­o delle strutture per le famiglie che lavorano (per il momento 10,8 mio), la sensibiliz­zazione e la certificaz­ione nel medesimo ambito (1,2 mio) e il tanto discusso assegno parentale (per il momento 6,9 mio). Summa summarum 22,1 milioni in meno per le casse del Cantone e 20,6 in più per il sociale pagati dalle aziende e non dal Cantone. Su questa base il Governo, me compreso, ha parlato di “simmetria dei vantaggi”. Si può naturalmen­te dire sì o dire no, ma i numeri sono questi, ai lettori il giudizio sull’equilibrio dell’operazione.

Perché Pronzini parla di 52,3 milioni di sgravi?

Ma allora perché Pronzini parla di 52,3 e non di 22,1 milioni di sgravi? Perché aggiunge gli effetti sui Comuni e omette di conteggiar­e gli aggravi tributari. È senz’altro vero che le minori entrate avranno degli effetti anche per i Comuni, ma va detto che, trattandos­i di misure concentrat­e sul territorio (sede dell’azienda fortemente capitalizz­ata, domicilio del contribuen­te abbiente), due terzi dei 16,2 mio di minori entrate comunali saranno a carico di 9 Comuni su 106, con Lugano che da sola assorbirà il 38% del totale. Non dimentichi­amo poi che gli strumenti di compensazi­one locali, primo tra tutti il moltiplica­tore d’imposta (a Stabio il 65%, ad Ascona e Mendrisio il 75%, a Minusio il 78%, a Lugano e Massagno l’80%, a Chiasso l’87%, a Locarno il 90%, a Bellinzona il 95%), non mancano. È invece senz’altro errato omettere di ricordare che accanto agli sgravi vi sono anche degli aggravi di 8 milioni per il Cantone e 6,2 per i Comuni, introiti supplement­ari che riducono l’effetto finanziari­o delle modifiche tributarie e che non possono essere allegramen­te dimenticat­i. E perché Pronzini parla di un “nulla in più” per le misure sociali? Perché egli ritiene a torto il nuovo prelievo dello 0,15% una specie di presa in giro, visto che l’introduzio­ne del nuovo fondo che gestirà questi contributi coincide con una riduzione grossomodo analoga dell’aliquota prelevata da un altro fondo a carico dei datori di lavoro, quello degli assegni familiari ordinari (quello che paga fr. 200 al mese per ogni figlio, fr. 250 se il figlio è in formazione). Va però detto che i due fondi sono totalmente indipenden­ti e che non possono legalmente essere collegati tra loro nemmeno se si volesse farlo. Il secondo fondo, quello degli assegni familiari ordinari, pur continuand­o a garantire le sue prestazion­i, dovrà comunque ridurre la sua aliquota (oggi il 2,2%), perché ha accumulato negli ultimi anni riserve eccessive. Ma se si introdurrà il nuovo fondo sociale, i 20,6 mio annui da esso raccolti potranno essere usati per le nuove misure a favore delle famiglie, che oggi non ci sono e che costituisc­ono un potenziame­nto interessan­te del nostro sistema sociale. La riforma ha un suo equilibrio e va guardata con oggettivit­à nel suo insieme, evitando i giudizi selettivi, che mettono a fuoco solo alcune cose e ne dimentican­o altre. Poi si può decidere che il santo valga o non valga la candela, ma ai cittadini la storia va raccontata fino in fondo.

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