Sindacato diviso sulle pensioni
L’Uss: il No alla previdenza 2020 è un’occasione persa. Le sezioni romande: ‘Vittoria delle donne’ L’unione sindacale svizzera definisce inopportuno l’innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne
Il pensionamento delle donne a 65 anni non è più d’attualità. È quanto ritiene l’Unione sindacale svizzera (Uss) dopo la bocciatura in votazione della previdenza vecchiaia 2020. Ieri a Berna, in un clima acceso, l’organizzazione ha sottoposto ai delegati le sue proposte riguardanti il proseguimento del dibattito. Il fallimento del 24 settembre è un’occasione persa, ha sottolineato il presidente dell’Uss, Paul Rechsteiner, davanti a un centinaio di persone. L’opposizione di alcune sezioni sindacali romande ha contribuito al naufragio, malgrado la decisione democratica dell’Uss di sostenere il progetto. È una situazione che “non deve ripetersi”, ha ammonito. Frustrazione e collera hanno caratterizzato gli interventi di molti delegati: “Le sezioni di Ginevra e Vaud devono prendere coscienza del clima politico del Paese”, ha affermato la ginevrina Maria Bernasconi, segretaria sindacale dell’associazione del personale della Confederazione. Per Aldo Ferrari, vicepresidente di Unia, il No alla previdenza vecchiaia 2020 è una “vittoria di Pirro”, mentre secondo Wolf Zimmermann, della commissione dei pensionati dell’Uss, “una minoranza non democratica ha condotto una campagna arrogante e ignorante”. Chiamata in causa, la sinistra sindacale romanda non ha esitato a replicare: “Ci assumiamo la responsabilità del referendum”, ha affermato Manuela Cattani, presidente della Comunità ginevrina di azione sindacale, parlando di “vittoria delle donne”. Altri hanno lanciato un appello all’autocritica da parte dell’Uss in merito all’atteggiamento nei confronti delle lavoratrici.
Lavoro femminile, secondo pilastro
e disoccupati
La conseguenza principale del No del 24 settembre è la rinuncia, da parte dell’Uss, all’innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne. L’obiettivo è stato definito “inopportuno”. Guadagnano infatti ancora meno degli uomini e ciò giustifica il pensionamento a 64 anni, è stato rilevato. Sempre per quanto riguarda l’Avs, l’Uss intende battersi per un finanziamento solido e sostiene l’innalzamento dei contributi, come previsto nella revisione bocciata dal popolo. Chiede inoltre un aumento delle prestazioni e in particolare che si prendano in considerazione gli aumenti dei premi di cassa malattia nell’adeguamento delle rendite. I sindacati intendono inoltre lottare contro la tendenza di alcune professioni liberali a organizzarsi in società anonime e a farsi versare le rendite sotto forma di dividendi, piuttosto che di salari. Questo modo di agire prosciuga le casse dell’Avs e, per l’Uss, è una forma di abuso. Per quel che riguarda il secondo pilastro, l’Uss intende lottare contro gli utili che le casse pensioni generano con le rendite degli affiliati e chiede limitazioni in particolare per le società di assicurazione vita. Esige inoltre trasparenza totale in materia di costi amministrativi. Secondo l’organizzazione, i pensionati non devono assumersi le conseguenze dei rischi sui mercati finanziari e dell’aumento della speranza di vita. L’Uss vuole inoltre battersi per proteggere meglio i gruppi di persone più vulnerabili, come le donne e i disoccupati in età avanzata. Per le prime ci vogliono migliori condizioni per conciliare lavoro e famiglia, per i secondi la garanzia di ottenere una rendita dalla loro cassa pensioni, piuttosto che costringerli a ritirare i loro fondi di previdenza in anticipo. Sono tutte misure necessarie, ha sostenuto Rechsteiner. Con il rifiuto popolare dello scorso 24 settembre permangono infatti una serie di problemi: l’Avs spende più di quanto incassi, le rendite del secondo pilastro hanno bisogno di contributi maggiori e restano disparità nella previdenza professionale, a scapito soprattutto delle donne. Siccome il dibattito sarà acceso, l’Uss non si aspetta una nuova riforma prima del 2019. La tavola rotonda organizzata recentemente dal consigliere federale Alain Berset ha infatti evidenziato discordanza su praticamente tutti gli aspetti della futura riforma.