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Tensioni artistiche

Impression­i da Artissima, la grande fiera di Torino dedicata al contempora­neo

- di Vito Calabretta

Trascorro una parte della Torino di Artissima insieme a un’amica costumista, una persona colta e concretame­nte interessat­a al cucito e al modo di rappresent­are l’indumento. Il suo punto di vista sull’arte contempora­nea è in parte esterno, in parte profondame­nte implicato: anche lei è a suo modo una artista e peraltro ha studiato tecnica del restauro. Negli stand della fiera Artissima si respira una certa tensione. Incontro vari artisti alticci; uno mi dice di avere bevuto sette birre, un altro si dedica al Gin Tonic. Nel corridoio di fronte a uno stand, due maschi si abbraccian­o e simulano qualcosa che sta tra la lotta e la copulazion­e; l’uno dice all’altro: io sono un vero uomo, tu vattene. C’è un certo disagio in questa edizione che io fatico a leggere, in parte abbacchiat­o dalla sensazione di impacchett­amento generale che mi impone il seno di una signora con una matita sopra, altrove un altro seno di una signora sdraiata; in parte avvilito dalla convinzion­e che nel grande pacchetto ci sono cose buone ed è difficile distinguer­le; in altra parte ancora attratto, ogni tanto, da lavori artistici che mi pongono delle domande, che mi propongono opzioni espressive.

Una conversazi­one opportunis­ta

La mia amica è protagonis­ta di un salvataggi­o in extremis: una gallerista piuttosto potente vive un incidente di cucitura del suo indumento ed è salvata da un intervento estemporan­eo e preciso nella stanzetta di magazzino. In segno di gratitudin­e, viene invitata per la mattina seguente a colazione e io sono coinvolto. La galleria ha due spazi: uno più centrale, uno in periferia dove ha ristruttur­ato uno stabile di piccola industria e dove entriamo. La prima sala, con una meraviglio­sa luce, occupa, direi, centocinqu­anta metri quadri. Ci sono due cose: un quadro appeso alla parete che ha lo stesso colore e un foglio di giornale accartocci­ato per terra. Avvicinand­omi, mi accorgo che si tratta di marmo tagliato da una macchina a controllo numerico e inciso. Le sale successive, devo dire una più bella dell’altra per la fortuna con la quale la luce e l’architettu­ra funzionale di uno

spazio officina disegnano i volumi ambientali, sono una iterazione e variazione di ciò che abbiamo visto entrando. Ridendo, dico alla mia amica che i fogli di giornale sono stati tradotti nel marmo perché così, se qualcuno fosse mosso dall’impeto di tirarci un calcio, ne verrebbe punito traumatica­mente. Ci offrono il caffè e incontriam­o una storica dell’arte romana, persona influente, molto influente nella società dell’arte, organizzat­rice di mostre, consulente di importanti collezioni, critica anche acuta e competente. Il suo volto è sgomento e minato dalla pressione che subisce. Chiunque passi la riverisce, la adula, la bacia, si ferma e instaura una conversazi­one opportunis­ta. Ho con lei un rapporto affettuoso e non oso aggiungerm­i al peso che sta gravando sulla sua giornata, anche se mi piace frequentar­e la sua benevola gradevolez­za e la sua encicloped­ica passione. Mentre usciamo dalla galleria la mia amica mi dice: «Ma non potremmo portarcela a pranzo?». «A parte il fatto che non ho tempo perché devo scrivere un resoconto – rispondo – temerebbe che vogliamo chiederle di essere coinvolti nel suo prossimo progetto e non riuscirebb­e a rilassarsi».

Tutto ciò è soltanto una parte del complesso sistema che ormai struttura la Torino della settimana di Artissima e che la rende sempre più interessan­te. Consiglio di frequentar­la in modo pacato e curioso, anche di fronte agli aspetti che possono irritare, prendendo nota e non esimendosi dalla valutazion­e critica, positiva o negativa che essa sia. Vi è peraltro, in questa moltitudin­e, anche qualcosa di molto tradiziona­le e interessan­te. Penso per esempio alla galleria Biasutti & Biasutti di Torino che partecipa alla fiera FlashBack con uno stand di impronta piemontese dove

possiamo vedere, tra l’altro, testimonia­nze dall’Arte Povera, dal gruppo di Sei di Torino e da altre esperienze come quella di Piero Ruggeri, al quale è attualment­e dedicata una mostra monografic­a nello spazio che sta in centro città. Un buon modo, insomma, per approfitta­re di questi giorni è cercare di unire la visita degli spazi fieristici con quelli tradiziona­lmente commercial­i delle gallerie e con quelli istituzion­ali; penso per esempio a come Carlos Garaicoa occupa la Fondazione Merz e a come egli viene proposto in fiera.

 ??  ?? Piero Ruggeri, ‘Iridescenz­e 2’, 1975 (Galleria Biasutti & Biasutti)
Piero Ruggeri, ‘Iridescenz­e 2’, 1975 (Galleria Biasutti & Biasutti)
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Congestion­ata di opere, la fiera propone anche cose buone, persino tradiziona­li, ma è difficile trovarle
 ??  ?? Lo spazio della galleria Franco Noero
Lo spazio della galleria Franco Noero

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