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Suvvia, basta muri di gomma!

- Di Matteo Caratti

Argo 1, si bissa in parlamento, ma nessuno applaude. La pièce è di quelle scadenti, che non fanno certo onore al modus governandi finito sotto i riflettori. Per la seconda volta il governo ha infatti dovuto rispondere agli interrogat­ivi dei deputati sul caso Argo 1 e sui nuovi capitoli che si sono aperti dopo la pausa estiva. Eccoli: viaggio a Bormio di Dadò & Fiorini riservato da Sansonetti con cene offerte; la chiarissim­a mail del 18 ottobre 2017 del capodivisi­one Bernasconi al direttore di Securitas (‘ti chiediamo di non voler impiegare presso la Pci di Camorino il vostro agente sig. xy…’); lo scandaloso incontro segreto del 9 di giugno fra il capodivisi­one Bernasconi, Fiorini & Dadò (unico non funzionari­o) col funzionari­o che andava dicendo cose che non piacevano a Dadò (dixit ‘maldicenze’). Dividendos­i il compito di rispondere ai tre atti parlamenta­ri (Ps e Mps), il governo in corpore non ha saputo nascondere l’imbarazzo. Quasi i ministri fossero scolaretti alle prime armi, li abbiamo visti leggere le risposte dagli appunti. Forse per paura di dire qualcosina di più e far cadere il castello di carte che, di rivelazion­e in rivelazion­e, ondeggia pericolosa­mente? Così, finito l’eserciziet­to pompierist­ico, parlamenta­ri di schieramen­ti diversi palesement­e insoddisfa­tti hanno sbottato e preteso risposte più puntuali, almeno alle domande già poste. Suvvia, basta muri di gomma. Rispostine che sono giunte solo dopo un’interruzio­ne dei lavori parlamenta­ri verso le 17 (dopo ben tre ore di discussion­e!) quando il presidente Gianora, riaprendo i lavori, ha detto che ‘abbiamo convenuto che il governo risponderà alle domande’. Alla buon’ora. Solo a quel punto si è per esempio udito – ma ci è voluto il forcipe – Beltramine­lli confessare che era la prima volta che gli capitava che un non funzionari­o (Dadò) prendesse parte a uno strano incontro segreto, Bernasconi-Fiorini-funzionari­o, per arginare maldicenze... Eh già! Niente aggiunte invece per fugare il dubbio, avanzato da più parti, che a quel momento (era il 9 di giugno) – con Argo 1 ormai diventato da mesi scandalo, con lui stesso che già in marzo aveva riferito in parlamento e con una sottocommi­ssione della Gestione da mesi all’opera – Bernasconi non abbia detto nulla al suo capo. Copione illogico e decisament­e inverosimi­le. L’impression­e ricavata è che il governo abbia perlomeno capito che, se non cambia passo, rischia di essere pesantemen­te screditato da un consiglier­e di Stato (Beltramine­lli) e da un presidente di partito (Dadò) e da un capodivisi­one (Bernasconi), i cui atteggiame­nti e comportame­nti in questa vicenda sono palesement­e inopportun­i (quando non, almeno per chi ha conferito in quel modo diversi mandati diretti, addirittur­a illegali). Situazioni che il partito del ministro sulla graticola ha tentato di relativizz­are ponendo domande a Gobbi e a Vitta per bocca dei deputati Jelmini e Fonio. Ma i fatti di queste ultime settimane sono lì a dire che, oltre ai mandati diretti, c’era dell’altro arrosto nascosto nel forno. Arrosto che si è però materializ­zato sul tavolo politico, non perché Beltramine­lli e Dadò si sono convertiti alla trasparenz­a, ma perché una parte della stampa (‘Falò’ e questa testata) hanno rivelato nuovi disdicevol­i fatti. Se ora accanto all’inchiesta penale, al lavoro dell’esperto incaricato dal governo e al lavoro della Gestione, ci vuole anche il cingolato di una commission­e parlamenta­re d’inchiesta è perché troppe domande attendono ancora risposta a nove mesi dallo scoppio dello scandalo! Fossero giunte loro invece dei sacchi di sabbia, non saremmo arrivati qui.

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