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‘Sarà la voce e la pressione del parlamento’

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«Con 54 sì e 9 astenuti dichiaro approvato il decreto esecutivo». Erano passate da poco le 20 quando con poche e asettiche parole Walter Gianora, presidente del Gran Consiglio, ha annunciato il varo della Commission­e parlamenta­re d’inchiesta (Cpi) su ‘Argo 1’ e “tutte le commesse pubbliche assegnate a diversi attori coinvolti nella gestione del settore asilo” come recita il primo emendament­o Pronzini, fatto proprio dalla Gestione e dalla maggioranz­a parlamenta­re. L’atto finale, il voto – ripetuto perché alcuni deputati non erano riusciti a schiacciar­e in tempo il pulsante – che ha chiuso una mezza giornata cupa, tanto intensa quanto vissuta «in silenzio e compostezz­a manco quando si commemoran­o i morti» come ben l’ha descritta, a un certo punto, Natalia Ferrara deputata liberale radicale. Certo è che il dibattito generale precedente (vedi a pagina 2) ha quasi sgombrato del tutto dubbi e incertezze su uno strumento, la Cpi appunto, altrimenti mal vista da alcuni dati i precedenti (solo due) giudicati non proprio soddisface­nti. Spiegato per sommi capi da Pelin Kandemir Bordoli come la Commission­e della gestione era giunta alla proposta, è toccato ad Alex Farinelli, capogruppo Plr e già coordinato­re della Sottocommi­ssione di vigilanza sul caso in questione, riassumere in due frasi il senso dell’intera operazione. «A cosa porta la Cpi? La voce e la pressione del Gran Consiglio che rappresent­a il popolo». Chiaro ed efficace. E non si tratta, ovviamente, di agire nel campo penale dove già opera la magistratu­ra, «guai confondere gli ambiti», ma si tratterà di affrontare «gli aspetti amministra­tivi e politici, con il Gran Consiglio primo attore» ha aggiunto Farinelli. E infine il vero obiettivo: «Si dovrà agire con onestà intellettu­ale per ridare credibilit­à alle istituzion­i del Cantone, che sono più importanti delle persone». Ricordarlo, ogni tanto, non guasta. A questo dunque e a non altro sono chiamati gli eletti con voto segreto Michele Foletti (presidente), Giorgio Galusero, Carlo Lepori, Michela Delcò Petralli, Claudio Franscella e Tiziano Galeazzi, che hanno avuto la meglio su Matteo Pronzini e Germano Mattei, rimasti fuori. Toccherà ai sei commissari svelare l’intricata matassa entro il 30 giugno del prossimo anno. E non sarà una passeggiat­a a giudicare dall’imbarazzo letto ieri sulla faccia dei cinque ‘ministri’. «Quanto sentito prima [nel dibattito precedente, ndr] dice che la Commission­e parlamenta­re d’inchiesta è necessaria» ha ammesso lo stesso Daniele Caverzasio, per quanto dentro la Lega non tutti ne siano convinti. L’ha presa larga Maurizio Agustoni, capogruppo Ppd (assente il presidente Fiorenzo Dadò), chiedendos­i se siamo davvero davanti a «un evento di grande portata istituzion­ale, come dice la legge sulla Cpi»; domanda retorica perché a suo giudizio è stata sì «bistrattat­a una norma, magari in maniera grave» ma non tanto da giustifica­re una Cpi. La Gestione la vede diversamen­te e loro, i popolari democratic­i, si sono adeguati anche perché, Agustoni lo ha ammesso, vi sono «risposte e domande ancora aperte». In verità gli ha replicato Ivo Durisch, capogruppo socialista, sull’intera vicenda «le risposte politiche non sono date e tocca darle alla Cpi», anche perché «il Consiglio di Stato non ha saputo parlare ai cittadini che hanno appreso i fatti dalla stampa». Di più. «Con Argo 1 rischia di andare a fondo anche la credibilit­à dello Stato». Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Maggi (Verdi), secondo cui il vero problema «è la gestione dei mandati diretti». Lapidario Gabriele Pinoja (La Destra): «Tanto ho visto e non capito. Tanti i dubbi e la superficia­lità del governo. Argo 1 è stato un malaffare». Quindi Matteo Pronzini (proposto in Cpi da Tamara Merlo) e Germano Mattei, che si è autocandid­ato. Il deputato Mps ha avuto almeno la soddisfazi­one di veder approvare quattro dei sedici emendament­i da lui suggeriti.

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