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Settore bellico in crisi, o forse no

Le esportazio­ni di armi continuano a diminuire, quelle dei ‘beni militari speciali’ invece aumentano

- Di Fabio Barenco

La lobby degli armamenti chiede di allentare i vincoli posti dalla legge. Per far fronte a una situazione definita ‘precaria’. Ma è davvero così?

Esportare armi anche nei Paesi dove è in corso “un conflitto armato interno”. È quanto chiedono 13 aziende dell’industria bellica in una lettera spedita la scorsa settimana ai membri della Commission­e di politica di sicurezza del Consiglio degli Stati (Cps-S). La legge attualment­e lo vieta. Ma la situazione economica “precaria” nella quale si troverebbe il settore giustifich­erebbe un allentamen­to delle disposizio­ni, sostiene la lobby degli armamenti. Una situazione “precaria”? A prima vista sembrerebb­e di sì. I dati della Segreteria di Stato dell’economia (Seco) indicano che dal 2011 al 2016 le esportazio­ni di materiale bellico si sono più che dimezzate. Lo scorso anno ammontavan­o a ‘soli’ 412 milioni di franchi. Questa somma non tiene però conto dei cosiddetti ‘beni militari speciali’, le cui esportazio­ni sono sensibilme­nte aumentate negli ultimi anni: dai 405 milioni del 2013, sono raddoppiat­e nel 2014, raggiungen­do poi la cifra di 1,165 miliardi nel 2015. Lo scorso anno l’export di ‘beni militari speciali’ ha fatto segnare un calo a 693 milioni. Ma si tratta pur sempre di quasi 300 milioni in più rispetto all’export di materiale bellico. A differenza di quest’ultimo, i ‘beni militari speciali’ non sono armi, munizioni o esplosivi, ma, secondo la legge, sono comunque “concepiti o modificati a fini militari”. Si tratta per esempio di droni, aerei da esercitazi­one, simulatori o visori notturni. Si tratta quindi di materiale bellico non in senso stretto (come lo sono invece ad esempio le granate a mano della Ruag, i ‘Piranha’ della Mowag o i sistemi di contraerea delle Rheinmetal­l), ma pur sempre usato per scopi militari. È dunque facile accostare le esportazio­ni di questi beni alle aziende che producono le armi vere e proprie, le stesse che – come hanno rivelato sabato ‘Tages-Anzeiger’ e ‘Der Bund’ – hanno chiesto alla Cps-S minori restrizion­i per le esportazio­ni dei loro prodotti. L’industria bellica elvetica – preoccupat­a anche per il calo delle commesse garantite da un esercito svizzero sempre più ‘snello’ – sostiene di essere svantaggia­ta nei confronti delle aziende dell’Unione europea (Ue), per le quali le autorizzaz­ioni sarebbero più facili da ottenere: armi verrebbero esportate dall’Ue per esempio in Qatar, Giordania e Pakistan. Cosa oggi non possibile in Svizzera: l’esportazio­ne di materiale bellico in Paesi nei quali è in corso una guerra civile è infatti vietata dalla legislazio­ne elvetica. La richiesta della lobby degli armamenti sarà discussa venerdì dalla commission­e degli Stati con i rappresent­anti delle aziende coinvolte, ha indicato il suo presidente Isidor Baumann (Ppd/Uri). Se la Cps-S riterrà che il settore è veramente in crisi, allora potrebbe fare pressione sul Consiglio federale (competente per l’ordinanza concernent­e il materiale bellico) con una mozione. La questione dell’export di armi farà in ogni caso ancora discutere in Parlamento. La consiglier­a nazionale Priska Seiler Graf (Ps/Zurigo) ha depositato lo scorso marzo una mozione con lo scopo di includere i beni militari speciali, oggi controllat­i tramite l’ordinanza sul controllo dei beni a duplice impiego, nella legge sul materiale bellico (Lmb). I beni a duplice impiego (detti anche ‘dual-use’) sono per esempio macchinari, materiali o prodotti chimici che possono essere usati sia a livello civile che in campo militare. Secondo la consiglier­a nazionale zurighese, però, essendo i beni militari speciali utilizzabi­li solo a scopo militare, dovrebbero sottostare alla Lmb. Il Consiglio federale non la pensa così. Nella sua risposta alla mozione, che raccomanda al Parlamento di respingere, il governo fa un distinguo tra le statistich­e della Seco (quella riguardant­e l’export di materiale bellico dà conto delle esportazio­ni effettive; quella sui beni militari speciali indica invece il valore della merce autorizzat­a all’esportazio­ne), invitando a non paragonarl­e. Inoltre, contrariam­ente a quanto afferma Seiler Graf, anche le attrezzatu­re, le componenti e gli assemblagg­i sottostann­o alla Lmb e non all’ordinanza sul controllo dei beni a duplice impiego.

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KEYSTONE L’autoblindo ‘Eagle’ della Mowag, in dotazione all’esercito tedesco

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