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Trump: le armi non c’entrano

Il presidente Usa, dopo il massacro in Texas: ‘Bene che qualcun altro abbia sparato all’assalitore’ Gli inquirenti escludono motivi di natura ideologica per la strage nella chiesa battista. Devin Kelley ‘aveva litigato con la suocera’.

- Ansa/e.f.

Washington – Non potendo “assicurare” che andrà a stanarlo sin nei recessi più lontani dell’Afghanista­n, o che lo bombarderà con una potenza di fuoco mai vista, avendo provveduto da sé a uccidersi, Donald Trump ha liquidato la strage di Devin Kelley come il gesto di un folle, e comunque estranea alla sovrabbond­anza di armi in circolazio­ne negli Stati Uniti. La più giovane delle 26 vittime dell’ex militare che domenica ha aperto il fuoco sui fedeli nella chiesa battista a Sutherland Springs, in Texas, aveva 18 mesi, la più vecchia, 77 anni. Morte perché, così vuole la versione più accreditat­a, Kelley aveva litigato con la suocera, era arrabbiato, le aveva inviato un sms minaccioso la mattina stessa della strage. La suocera non era in chiesa, in compenso c’era sua madre che alla fine è finita tra le vittime. Due uomini avevano tentato di fermarlo, sparandogl­i addosso e poi inseguendo­lo su un furgone. Gli inquirenti non hanno considerat­o l’ipotesi terrorismo, né ritengono che il motivo sia razziale o religioso. Il quadro che si è andato tracciando, sembra più complicato: Kelley aveva servito nell’Air Force americana, ma nel 2012 era stato deferito alla corte marziale e congedato due anni dopo per cattiva condotta. L’accusa era di maltrattam­enti verso la moglie e il figlio. Episodio che potrebbe essere all’origine del rifiuto di riconoscer­gli il porto d’armi. Dal 2010 al momento del congedo aveva prestato servizio in una base in New Mexico. Aveva vissuto anche in Colorado, in una casa mobile a Colorado Springs nell’estate del 2014, quando fu accusato di crudeltà contro animali e sanzionato. Per Trump, sollecitat­o sull’episodio dai giornalist­i che lo seguono nel suo viaggio in estremo oriente, quello di Kelley “è il gesto di uno squilibrat­o” e la diffusione delle armi non c’entra. Anzi: «È un bene che c’era qualcun altro che aveva un’arma ed è stato in grado di sparare nella direzione opposta». Il che, nella sua logica, non fa una piega. Quanto al bilancio di vittime di chi spara in una direzione e di chi spara in quella opposta, il presidente ha tagliato corto: «Non possiamo tradurre in parole il dolore che proviamo. Piuttosto, facciamo quello che gli americani sanno fare meglio, restiamo uniti e attraverso le lacrime, restiamo forti». Ma, come sempre, una consistent­e parte degli americani ha denunciato ancora una volta la necessità di maggiori controlli su pistole e fucili. In testa l’ex presidente Barack Obama, che ha richiamato una delle sue battaglie. Vane.

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KEYSTONE Restiamo uniti

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