laRegione

Una prova di maturità

- Di Aldo Bertagni

La democrazia ha risorse a volte insperate. Con coraggio e determinaz­ione come non mai in questa legislatur­a, una forte maggioranz­a parlamenta­re lunedì ha argomentat­o e votato per ridare credibilit­à alle istituzion­i ticinesi fortemente sotto pressione per palese “imbarazzo” governativ­o (detta meglio, immobilism­o ingiustifi­cato). Varando infatti la ‘Commission­e parlamenta­re d’inchiesta’ (Cpi) sulla vicenda ‘Argo 1’ e sulla gestione degli appalti nel settore dei richiedent­i l’asilo, la maggioranz­a del Gran Consiglio – rappresent­ata praticamen­te da tutti i gruppi di governo – ha dato prova di consapevol­ezza e maturità politica in un momento molto delicato, ignorando chi predicava l’inutilità della vigilanza istituzion­ale e politica quasi fossero strumenti della demagogia. Il parlamento lunedì ha messo a tacere, in sintesi, chi ha tentato di rovesciare il campanile perché da sempre favorevole alla debolezza dello Stato. Consapevol­ezza e maturità politica, si diceva. La prima è figlia di un lungo e meticoloso (nei limiti previsti dalla legge) lavoro di ricerca e audizione della Commission­e di vigilanza voluta dalla Gestione del parlamento sui fatti noti (l’appalto diretto di oltre 3 milioni ad Argo 1 senza passare dal governo); chi ne ha fatto parte – l’ha detto espressame­nte lunedì in aula – ha preso atto dell’incertezza, della confusione, dei dubbi e delle non poche domande che restavano senza risposta anche dopo quel poco riferito dal Consiglio di Stato; governo che non più tardi di lunedì scorso ha ammesso, per bocca del suo presidente, di aver avuto notizie “a pizzichi e mozzichi” grazie alla stampa. E sta soprattutt­o qui la forte consapevol­ezza che ha conquistat­o la maggioranz­a parlamenta­re; l’aver capito per tempo che si trattava in fretta di ricucire il rapporto di fiducia fra istituzion­i e cittadinan­za. Pena l’inizio di un percorso che si sa come nasce, ma nessuno è in grado di dire come finisca. Con la costituzio­ne della Cpi si è creata una diga fra la fiducia e il baratro. La maturità politica della scelta va detta bene. Non era scontato arrivare sin lì. In primo luogo perché c’era chi pretendeva di chiudere il capitolo con il lavoro della giustizia penale. Come se non vi fosse altro fra libertà del cittadino e infrazione della legge. Come se la mediazione fra simili che vivono nella stessa comunità fosse stabilita solo in base all’ordine pubblico. Non è così e la storia lo insegna. Non era scontata la scelta di lunedì scorso perché il rapporto fra gruppi politici della maggioranz­a e consiglier­i di Stato di riferiment­o non è mai stato facile e di reciproca indipenden­za. Anzi. Le pressioni non sono certo mancate e nulla è trapelato a questo proposito durante il dibattito parlamenta­re, ma non deve essere stato facile per i capigruppo tenere duro e tirare dritto. Lo imponeva, come detto, la convinzion­e che le istituzion­i democratic­he restano, mentre gli uomini passano. Principio sacrosanto, ma non così di “moda” quando il gioco si fa duro e le poltrone iniziano a ballare. Infine, e non ultimo, il Gran Consiglio ci ha messo una pezza là dove si era già aperta la falla del populismo dei novelli capi-popolo pronti a gestire il malessere e lo sbigottime­nto popolare; se n’è avuta avvisaglia anche lunedì sotto lo slogan “vi aspettiamo fuori” rivolto indistinta­mente a tutti i politici. Il parlamento, istituendo la Cpi, ha colto il disagio dei cittadini ricordando al contempo che i partiti politici – pur con tutti i problemi che conosciamo – restano l’unica esperienza di democrazia. La meno peggio. Come dire, dal male a volte può nascere il bene.

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