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Sindacati e padronato divisi

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«Durante il ‘Tavolo di lavoro’ abbiamo sempre proposto una soglia di 17,30 franchi all’ora [circa 3’000 lordi al mese, ndr] che è quella scelta dal governo per fissare i Contratti normali di lavoro. Evidenteme­nte ognuno fa il proprio gioco e quanto proposto è un compromess­o». Non fa salti di gioia Stefano Modenini, direttore dell’Associazio­ne industrie ticinesi, ma neanche si straccia le vesti. La soluzione proposta dal governo, aggiunge, non avrà un particolar­e impatto per l’industria quanto piuttosto per i settori dei servizi. Per quanto «nel territorio operano anche aziende piccole con ridotti margini di guadagno che potrebbero decidere di sostituire il personale, in gran parte frontalier­o, con l’automatizz­azione». Favorendo magari i lavoratori residenti? «Dubito che questo accada in fabbrica. In realtà il salario minimo così proposto riguarda circa 9’500 dipendenti di cui 3’400 residenti che guadagnera­nno qualcosina di più». Ma non è tutto. «La vera questione è che il salario minimo condizione­rà l’intera scala salariale; chi oggi guadagna appena di più della soglia stabilita chiederà nuovi aumenti». Deluso, anche se per altri motivi, è pure Giangiorgi­o Gargantini, responsabi­le per il Sottocener­i del sindacato Unia, che pone l’attenzione sulle cifre proposte, per lui troppo basse. «Trovo sbagliato da parte di Vitta attaccarsi alla sentenza del Tribunale federale per giustifica­re un salario minimo così insoddisfa­cente – attacca Gargantini – soprattutt­o quando quella stessa sentenza riteneva costituzio­nali 20 franchi all’ora. Se la si vuole rispettare, la si rispetti in tutti i suoi contenuti». Un salario non lontano da quello proposto dagli iniziativi­sti. Ma visto che a fine agosto Verdi e sindacati dissero “o 21 franchi all’ora o sarà referendum”, quali sono adesso le intenzioni di Unia? «Noi rispettiam­o i processi democratic­i e aspettiamo che se ne discuta in Gran Consiglio. Appare chiaro però che se si rimarrà su questi livelli [cfr. articolo a lato] noi non ci staremo e raccoglier­emo le firme».

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