Segnalare ‘entro un mese’
Reati in ambito sanitario: la commissione condivide l’obbligo, senza l’avverbio ‘immediatamente’
Sottoscritto ieri il rapporto di Simone Ghisla (Ppd) sulla revisione della legge. Sciolto uno dei nodi.
L’argomento è delicato e controverso. Tant’è che l’obbligo di segnalazione alla magistratura di reati in campo sanitario, perché è di questo che si sta parlando, “ha dato adito a discussioni molto approfondite e a dibattiti intensi nell’ambito dell’esame del messaggio che hanno contraddistinto plurime sedute commissionali”. Così scrive il popolare democratico Simone Ghisla nel rapporto da lui allestito e firmato ieri dalla Sanitaria – tranne che da Franco Denti dei Verdi (cfr anche articolo a lato) e dalla Lega (il movimento si pronuncerà nei prossimi giorni, indica una nota della commissione) – sulla revisione della Legge sanitaria prospettata dal Consiglio di Stato nel messaggio uscito poco più di un anno fa. Sull’obbligo di segnalazione di reati commessi da operatori sanitari e sulla sua estensione alle direzioni amministrative e sanitarie di ospedali e cliniche, la commissione parlamentare “non ha sollevato particolari obiezioni, trovandosi sostanzialmente d’accordo con l’impostazione governativa”. La discussione invece non è mancata sull’obbligo di segnalazione da parte degli operatori sanitari che vengono a conoscenza di un reato contro l’integrità fisica. Per finire la maggioranza della Sanitaria ha deciso di “confermare il principio dell’obbligo generale di segnalazione”, ma dal testo governativo ha rimosso l’avverbio “immediatamente”, rimpiazzandolo con “rapidamente entro un massimo di 30 giorni” (vedi immagine). Insomma, gli operatori sanitari devono informare “rapidamente entro un massimo di 30 giorni” la Procura, direttamente o per il tramite del Medico cantonale. Questo perché i medici “sono spesso confrontati con situazioni complicate ed è opportuno concedere loro il tempo necessario per valutare la situazione e decidere con coscienza su come affrontarla”. L’immediatezza della segnalazione “non permetterebbe nessuna analisi, nemmeno della credibilità dei racconti dei propri pazienti”. La soluzione individuata, annota ancora Ghisla, “dovrebbe consentire una ponderazione corretta fra la tutela del rapporto di fiducia medico-paziente, in funzione di una terapia efficace e la tutela dell’interesse generale a comunque perseguire crimini e delitti”. La maggioranza commissionale non ha dunque fatto propria “la tesi” proposta dall’Ordine dei medici “di trasformare l’obbligo di segnalazione in una facoltà concessa ai medici stessi; nemmeno quando il paziente rivela loro di essere una vittima o l’autore di un reato”. Per la Sanitaria, l’interesse pubblico alla protezione della collettività e alla sicurezza “è superiore a quello del singolo paziente a essere curato” e “la via dell’obbligo è più efficace nel perseguirla”.