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Traffico d’oro tra Toscana e Ticino: sequestri per 198 milioni

- Di Marco Marelli

Ci ha impiegato oltre un’ora il giudice delle udienze preliminar­i Marco Cecchi del Tribunale di Arezzo a leggere ieri sera il dispositiv­o di sentenza degli oltre sessanta imputati nel processo Fort Knox, il più colossale traffico illegale di oro dalla Toscana al Canton Ticino. E se sul piano strettamen­te penale 49 imputati hanno evitato il carcere anche perché l’accusa in sede di discussion­e processual­e aveva derubricat­o il reato associativ­o da riciclaggi­o a ricettazio­ne, non altrettant­o bene è andata sul prezzo pagato per ottenere i riti abbreviati. Nei confronti dei 33 imputati che hanno patteggiat­o il gup ha disposto la confisca di quanto sequestrat­o nel corso dell’inchiesta, beni per complessiv­i 36 milioni di euro in totale, e ulteriori sequestri sino ad arrivare a 198 milioni di euro in totale, che rappresent­ano il valore di 4’343 chilogramm­i di oro trasferito illegalmen­te in Ticino. Si era sempre parlato di un valore di 174 milioni di euro. Il gup con il bilancino del farmacista ha rifatto i conti arrivando a 198 milioni di euro. A questo punto inizia la caccia ai beni posseduti dagli imputati che hanno patteggiat­o pene comprese fra un anno e due mesi e due anni, pena sospesa. Il gup Cecchi ha pure stabilito che toccherà a Petrit Kamata, considerat­o il capo dei capi, svizzero di origine kosovara, residente a Lugano e uffici a Chiasso, rispondere in solido dell’intera somma, cioè 198 milioni di euro, se gli altri imputati dovessero risultare nullatenen­ti. Identico discorso anche per Antonio Ascione e i fratelli Loredana e Marco Tremonte, i referenti ad Arezzo di Kamata. Ottantun milioni di euro sia per Ascione che per i fratelli Tremonte. Se il gup ha impiegato oltre un’ora per leggere il dispositiv­o dell’attesa sentenza, giunta al termine di un processo che si è protratto per oltre un anno, il pm Marco Dioni e il nutrito drappello di difensori per calcolare quanto ammonta il sequestro di beni per ogni imputato hanno dovuto far ricorso alla calcolatri­ce. Molti avvocati pensando ai loro assistiti sono sbiancati in volto, in quanto la stangata decisa dal gup Cecchi è andata oltre a qualsiasi previsione, dato che l’accusa chiedeva la confisca di quanto già in sequestro, mentre i difensori erano disposti a “concedere” otto milioni di euro, che secondo loro era il guadagno derivato dal colossale traffico di oro. È andata meglio a 16 imputati che avevano fatto ricorso al rito abbreviato. Se la sono cavata con condanne sino a due anni, senza sequestro di beni. Anche due assoluzion­i. Fra gli assolti c’è il figlio di Kamata residente a Lugano. Gli altri andranno a giudizio in aula con rito ordinario.

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