Tutte le ragioni di un fiasco
L’analisi Voto: un mix di motivi all’origine del fallimento della ‘Previdenza vecchiaia 2020’ Da solo, nemmeno l’aumento dell’età di pensionamento delle donne a 65 anni è stato decisivo. Disciplinata la base dell’Udc, non così quella degli altri partiti.
Due settimane fa, al termine di un incontro sul tema con i principali protagonisti, Alain Berset aveva detto che il Consiglio federale avrebbe atteso l’analisi dei risultati del voto sulla ‘Previdenza vecchiaia 2020’ (Pv2020) prima di cominciare a discutere di come rilanciare lo spinoso dossier. Il sondaggio Voto, che dall’autunno scorso ha sostituito l’analisi Vox, è stato pubblicato ieri. L’inchiesta – realizzata dall’istituto di ricerche Fors, dal Centro di studi sulla democrazia di Aarau Zda e dall’istituto demoscopico Link – indica anzitutto che l’innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne è stato importante per la bocciatura alle urne della riforma, ma da solo non sarebbe riuscito a far fallire il progetto nel quale il ministro della Sanità ha investito una parte consistente del suo capitale politico. La Pv2020 è stata respinta lo scorso 24 settembre dal 52,7% dei votanti. Il suo finanziamento tramite un aumento dell’Iva è stato bocciato di misura dal 50,1% dei cittadini e dalla maggioranza dei cantoni. L’indagine Voto rileva che, alla fine, motivi diversi sommati fra loro sono all’origine del fiasco alle urne di una delle riforme più importanti della legislatura. Una delle ragioni è stato l’aumento delle rendite Avs di 70 franchi al mese per i nuovi pensionati. Stando all’analisi Voto, non bisogna però trarre la conclusione errata che tutte le persone che hanno respinto il progetto si opponevano a un incremento delle rendite. L’innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne – il rospo che Ps, Verdi e organizzazioni sindacali avevano scelto di ingoiare, aspetto attorno al quale nel frattempo si è ormai riformata la classica opposizione fra destra e sinistra – ha spinto il 12% degli aventi diritto a votare ‘no’ alla riforma. Questo argomento è stato citato solo dall’8% dei votanti svizzero-tedeschi e dal 15% degli svizzero-italiani. Tra i romandi tale motivo è stato più spesso evocato (29%): ciò non deve sorprendere, visto che il referendum è stato lanciato anche dalle donne sindacaliste della Svizzera romanda.
Ruolo minore del fattore ‘donna’
Visibilmente questa misura prevista dalla riforma ha giocato un ruolo minore nello scrutinio. Molti cittadini, favorevoli alla parità salariale, fra cui donne di sinistra, alla fine hanno detto di ‘sì’ al progetto di Alain Berset. Secondo Voto, molti elettori – pur turandosi il naso – erano pronti a sostenere una riforma che consideravano urgente. L’innalzamento dell’età di pensionamento per le donne è stato sostenuto soltanto perché vi erano altre misure compensative. Altro tema evocato: l’aumento generalizzato dell’età pensionistica a 67 anni. Stando agli esperti, tra coloro che hanno votato, gli oppositori e i favorevoli a tale aumento erano in proporzioni simili. La metà delle persone interrogate (48%) si è detta d’accordo “al fine di garantire le rendite Avs a lungo termine”. L’altra metà si è dichiarata contraria. Anche a livello partitico, favorevoli e oppositori a questa proposta sono presenti in misura analoga in tutte le formazioni politiche. Fa eccezione il Plr, all’interno del quale tale innalzamento è sostenuto dal 62% dei simpatizzanti. Tra i partiti, i simpatizzanti dell’Udc sono stati i principali oppositori della riforma: l’84% di essi ha detto di ‘no’. Nel contempo le formazioni che hanno sostenuto la riforma non sono riuscite a mobilitare i loro membri. Tuttavia, gli aderenti del Ps non hanno votato contro il loro ministro della Socialità: oltre tre quarti hanno detto ‘sì’. Stando allo studio, le caratteristiche sociali hanno giocato un ruolo secondario nel voto. Uomini e donne hanno respinto le nuove disposizioni nelle stesse proporzioni. Non si può parlare né di conflitto generazionale né di fossato tra i sessi. Gli anziani sono stati i meno favorevoli alla riforma. Coloro che hanno approvato il progetto non l’hanno fatto con la convinzione di aver votato la soluzione migliore, ma perché la riforma proposta era – a loro avviso – il miglior compromesso nelle condizioni attuali.