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Siria e Iraq si ritrovano sul confine cancellato dall’Isis

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Beirut/Damasco – Damasco e Baghdad sono tornate a piantare le proprie bandiere sulle due rive dell’Eufrate. Non sarà stato il “trionfo” celebrato dalle tv di Stato siriana e irachena, né un nuovo “incontro sull’Elba” tra sovietici e americani, ma non si può trascurare la portata, almeno simbolica dell’appuntamen­to di ieri all’altezza del confine tra i due paesi, che l’Isis nel 2014 si era vantato di aver cancellato insieme al suo retaggio coloniale, rimpiazzan­dolo con il Califfato. Le forze irachene, sostenute dalle milizie sciite filoirania­ne e dalla Coalizione internazio­nale capeggiata dagli Stati Uniti, nei giorni scorsi hanno issato la bandiera nazionale sui palazzi di Qaim, cittadina sull’Eufrate a due passi dalla Siria. Dai tetti degli stessi palazzi si vede distintame­nte Albukamal, cittadina siriana attaccata alla frontiera e bagnata anch’essa dall’acqua dell’Eufrate, dove ieri sono arrivate le avanguardi­e governativ­e, sostenute da altre milizie sciite filoirania­ne, in particolar­e dagli Hezbollah libanesi. Presenti sul terreno ci sono anche i Pasdaran iraniani. Questa offensiva di terra in Siria è appoggiata in maniera determinan­te dall’aviazione russa e dalle forze speciali di Mosca. “Il confine torna a esistere”, ha titolato la tv panaraba al Mayadin, vicina all’Iran, in riferiment­o al fatto che nei tre anni (2014-17) di dominio dell’Isis il territorio tra Iraq e Siria lungo l’Eufrate era descritto come un’unica area geografica non più percorso dalla frontiera tracciata dalle potenze coloniali francese e britannica un secolo fa, durante il crollo dell’Impero ottomano. L’Isis si era vantato di aver “abbattuto il confine” e di aver riunito un territorio da secoli abitato da tribù e comunità transnazio­nali. Comunità tuttora presenti: alcune ostili all’Isis in ritirata, altre che ne costituisc­ono il retroterra popolare e culturale. Su queste ultime i movimenti insurrezio­nali jihadisti contano di fare affidament­o per trovare nuova forma anche dopo la “liberazion­e” portata sulla punta delle baionette dagli eserciti di Baghdad e Damasco.

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KEYSTONE I liberatori

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