laRegione

Quel dosaggio fatale

Il (farmaco) ‘killer’ lo si conosce. Restano da chiarire le circostanz­e della morte del paziente Osc Davanti alla Pretura penale da ieri i quattro psichiatri chiamati a rispondere di negligenza. Accusa contestata: ‘La terapia era consolidat­a’.

- Di Daniela Carugati

Era un paziente difficile. Anche perché la sua patologia psichiatri­ca era assai grave, a tal punto da renderlo pericoloso per sé e per gli altri (almeno in taluni momenti). Un caso simile a quello del 28enne, morto nel maggio del 2014 per gli effetti dei troppi psicofarma­ci, del resto, non era mai capitato alla Clinica psichiatri­ca cantonale di Mendrisio. Non a memoria di chi vi ha lavorato per anni. Una storia passata sotto silenzio, quella del giovane, figlio adottivo di una famiglia del Sopracener­i, ma che urla tutto il dolore e la sofferenza che la malattia psichiatri­ca può cagionare, a chi ne soffre e ai suoi congiunti. Per loro quel vissuto era la quotidiani­tà. Agli occhi degli altri – l’opinione pubblica –, invece, a farlo uscire dall’ombra sono state proprio le circostanz­e della morte. Che, ieri, hanno fatto approdare caso e storia in un’aula della Pretura penale, davanti al giudice Siro Quadri. Ma soprattutt­o a rispondere per quell’epilogo tragico sono stati chiamati quattro medici dell’Organizzaz­ione sociopsich­iatrica cantonale. Se ora, però, si può dare un nome al farmaco ‘killer’, restano ancora da definire le singole responsabi­lità dei sanitari. In particolar­e dopo il colpo di scena riservato, ieri, dalle difese, che hanno ribaltato la prospettiv­a, insinuando il dubbio e avanzando l’ipotesi che sia stato «qualcos’altro arrivato al paziente e non somministr­ato» dal personale a portarlo al decesso. Una lunga quanto intensa giornata dibattimen­tale non è riuscita, quindi, ancora a sciogliere l’interrogat­ivo principe. Chi ha cagionato la morte del giovane paziente, dal 2001 ricoverato più volte? È stata la negligenza dei quattro psichiatri, due capiserviz­io (uno dei quali, nel frattempo, pensionato) e altrettant­i assistenti, una 43enne e un 33enne, entrambi cittadini italiani con contratto a termine (e da metà 2016 circa non più alle dipendenze dell’Osc)? Il procurator­e pubblico Zaccaria Akbas non ha dubbi: i quattro psichiatri hanno violato le regole dell’arte medica, somministr­ando progressiv­amente e in contempora­nea una serie di farmaci – dai neu-

rolettici alle benzodiaze­pine, passando per uno stabilizza­tore dell’umore –, che ha prodotto delle “interazion­i farmacolog­iche” e provocato complicazi­oni tali da rivelarsi fatali. Tutto nell’arco di sei giorni, dall’1 al 7 maggio 2014, periodo durante il quale si era dovuti ricorrere alla contenzion­e fisica del giovane a letto. E questo a fronte di episodi di aggressivi­tà che avevano costretto, hanno ripercorso gli psichiatri, persino a chiamare la polizia.

Il colpo di scena delle difese

Contestazi­oni, quelle del pp, rigettate, in primis, dagli stessi imputati, che hanno impugnato, di fatto, il decreto che li condanna alla pena pecuniaria di 90 aliquote (36mila franchi in totale), sospese. Sin dalle prime battute dell’istruttori­a, d’altro canto, i quattro difensori – gli avvocati Luca Marcellini, Roberto Macconi, Luigi Mattei e Goran Mazzucchel­li – hanno iniziato a smontare, pezzo per pezzo, il costrutto accusatori­o. Lo hanno fatto contestand­o, da subito, la perizia ordinata dalla Procura, e mettendo in discussion­e, poi, il decreto. Nodo gordiano, per i legali, rimangono i quantitati­vi dei farmaci, prescritti e assunti dal 28enne nei suoi ultimi sei giorni in reparto. A suffragare la tesi delle difese le discrepanz­e – «un baratro» – fra le evidenze dell’esame tossicolog­ico, condotto due giorni dopo la morte, e i dosaggi applicati, in particolar­e di uno psicofarma­co di cui sono state trovate tracce importanti (si parla di oltre 3mila milligramm­i, oltre ad altre sostanze estranee alla terapia) nel sangue del paziente. Secondo gli avvocati, insomma, il giovane avrebbe potuto procurarsi e assumere da solo quel farmaco – preso, in precedenza, anche a domicilio –, ad esempio nei momenti in cui veniva accompagna­to al bagno. Uno scenario che ha fatto letteralme­nte sobbalzare sulla sedia i genitori del 28enne, sino a quel punto presenza silenziosa in aula, visibilmen­te provati dalla ricostruzi­one dei fatti. Questa mattina si riprende con la requisitor­ia del procurator­e pubblico Akbas e le arringhe dei quattro difensori.

 ?? TI-PRESS ?? Una storia difficile e dolente
TI-PRESS Una storia difficile e dolente

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland