Un mancato aiuto all’economia locale
“Il Ticino si sta spegnendo e la colpa è delle banche” si leggeva l’altro giorno su Tio titolando un intervento di Sergio Rossi sullo stato dell’economia nel nostro cantone. Non me la sento di accollare tutte le colpe al sistema bancario ticinese, ma certamente, e da tempo lo sostengo, tanto da essere stato tema preponderante della mia campagna per le ultime comunali, le banche ticinesi hanno nel corso degli anni perso una grossa occasione di rinnovamento del loro modello di business che le avrebbe messe in grado oggi di giocare un ruolo preponderante ed estremamente strategico nello sviluppo dell’economia locale. Ciò sarebbe, in particolare per tutte quelle banche che si definiscono per missione se non addirittura per scopo sociale, attive sul territorio, l’attività principale da svolgere, ma non è andata così visto il sostanziale e persistente disinteresse nei confronti di progetti imprenditoriali locali. Il lungo periodo caratterizzato da vacche grasse, alimentate all’inverosimile dagli ingenti e continui flussi di capitali esteri a disposizione, assieme all’arrivo sulla piazza di sedi di banche d’affari provenienti da ogni parte del mondo e il conseguente indotto per la piazza finanziaria ticinese in termini di occupazione, con tutto ciò che ne consegue, avrebbe dovuto essere la base per impostare una solida, duratura, efficace e competente struttura di incentivazione e supporto alla formazione di capitale di rischio da immettere nel sistema produttivo, essenziale per la creazione di ricchezza futura del cantone. Le banche invece che all’economia reale rivolta al territorio hanno deciso di puntare sulla, a corto termine più redditizia, gestione patrimoniale, concentrando gli sforzi e le risorse nell’intermediare transazioni di mera speculazione finanziaria che ha generato immensi utili sul capitale accumulato in mano a coloro che nel nostro territorio certo non hanno grandi motivazioni ad investirli e sono pronti a trasferirli altrove senza lasciarne traccia alcuna, quando il mercato gira. È mancata una visione di lungo periodo con azioni forti e risolutive che avrebbe dovuto essere corroborata da un acceso dibattito politico, che purtroppo si è rivelato inesistente, e possibilmente obnubilato dai forti gettiti fiscali e dalla presenza in loco di banchieri rampanti vieppiù stranieri che di integrazione e di sviluppo territoriale locale non ne facevano certamente la loro missione principale, se non appunto arricchire la loro clientela estera ora peraltro sparita verso altri lidi assieme ai banchieri stessi. Finita la festa gabbato lo santo… si direbbe, ma tant’è. Il mio slogan per la campagna alle ultime comunali: un passo avanti per ridare competitività e attrattività alla nostra piazza finanziaria sembra essere ancora valido ed attuale, perché poco è stato fatto e la politica può e deve fare molto di più in quest’ambito.