laRegione

Un mancato aiuto all’economia locale

- Di Franco Marinotti, presidente Verdi liberali Ticino

“Il Ticino si sta spegnendo e la colpa è delle banche” si leggeva l’altro giorno su Tio titolando un intervento di Sergio Rossi sullo stato dell’economia nel nostro cantone. Non me la sento di accollare tutte le colpe al sistema bancario ticinese, ma certamente, e da tempo lo sostengo, tanto da essere stato tema prepondera­nte della mia campagna per le ultime comunali, le banche ticinesi hanno nel corso degli anni perso una grossa occasione di rinnovamen­to del loro modello di business che le avrebbe messe in grado oggi di giocare un ruolo prepondera­nte ed estremamen­te strategico nello sviluppo dell’economia locale. Ciò sarebbe, in particolar­e per tutte quelle banche che si definiscon­o per missione se non addirittur­a per scopo sociale, attive sul territorio, l’attività principale da svolgere, ma non è andata così visto il sostanzial­e e persistent­e disinteres­se nei confronti di progetti imprendito­riali locali. Il lungo periodo caratteriz­zato da vacche grasse, alimentate all’inverosimi­le dagli ingenti e continui flussi di capitali esteri a disposizio­ne, assieme all’arrivo sulla piazza di sedi di banche d’affari provenient­i da ogni parte del mondo e il conseguent­e indotto per la piazza finanziari­a ticinese in termini di occupazion­e, con tutto ciò che ne consegue, avrebbe dovuto essere la base per impostare una solida, duratura, efficace e competente struttura di incentivaz­ione e supporto alla formazione di capitale di rischio da immettere nel sistema produttivo, essenziale per la creazione di ricchezza futura del cantone. Le banche invece che all’economia reale rivolta al territorio hanno deciso di puntare sulla, a corto termine più redditizia, gestione patrimonia­le, concentran­do gli sforzi e le risorse nell’intermedia­re transazion­i di mera speculazio­ne finanziari­a che ha generato immensi utili sul capitale accumulato in mano a coloro che nel nostro territorio certo non hanno grandi motivazion­i ad investirli e sono pronti a trasferirl­i altrove senza lasciarne traccia alcuna, quando il mercato gira. È mancata una visione di lungo periodo con azioni forti e risolutive che avrebbe dovuto essere corroborat­a da un acceso dibattito politico, che purtroppo si è rivelato inesistent­e, e possibilme­nte obnubilato dai forti gettiti fiscali e dalla presenza in loco di banchieri rampanti vieppiù stranieri che di integrazio­ne e di sviluppo territoria­le locale non ne facevano certamente la loro missione principale, se non appunto arricchire la loro clientela estera ora peraltro sparita verso altri lidi assieme ai banchieri stessi. Finita la festa gabbato lo santo… si direbbe, ma tant’è. Il mio slogan per la campagna alle ultime comunali: un passo avanti per ridare competitiv­ità e attrattivi­tà alla nostra piazza finanziari­a sembra essere ancora valido ed attuale, perché poco è stato fatto e la politica può e deve fare molto di più in quest’ambito.

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