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Caporalato: titolare interrogat­o e indagate più persone

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Si estendono a più persone residenti in Italia le verifiche avviate da Ministero pubblico e Polizia cantonale sulla ditta di Grono (con sede principale a Sondrio in Valtellina) attiva in Ticino nella posa di armature per l’edilizia e che avrebbe taglieggia­to i salari di più dipendenti sia alle sue dipendenze, sia messi a disposizio­ne da alcune agenzie per il lavoro interinale. L’accusa intanto mossa nei confronti del titolare italiano, interrogat­o giovedì a Lugano e poi rilasciato, è di usura. Come riferito dalla Rsi, l’uomo accompagna­to dall’avvocato Massimilia­no Schiavi ha ottenuto un salvacondo­tto che gli ha permesso il ritorno in Lombardia in serata, evitando così l’arresto. La deposizion­e è durata nove ore e l’interrogat­o avrebbe fatto parziali ammissioni, senza tuttavia mostrare totale collaboraz­ione nei confronti degli inquirenti. Ha comunque avuto modo di esporre le sue ragioni. In un comunicato diffuso ieri sera il procurator­e pubblico Paolo Bordoli spiega che durante l’intervento di mercoledì sono stati raccolti molti documenti e informazio­ni utili per il proseguime­nto dell’inchiesta. A ricevere la visita degli agenti sono state anche diverse imprese edili ticinesi, nonché la ditta di Bioggio che solitament­e forniva alla ditta di Grono il ferro per le armature e la impiegava talvolta in regime di subappalto. Le imprese edili, ricordiamo, hanno collaborat­o con la ditta di Grono in svariate decine di cantieri pubblici e privati negli ultimi anni. Fra questi, i cantieri avviati dalle Ffs a Bellinzona e Paradiso visitati mercoledì dalla polizia e dagli ispettori della Commission­e paritetica dell’edilizia. Sarebbero stati tre ex operai a segnalare ai sindacati presunte anomalie in busta paga. Il procurator­e Bordoli specifica nel comunicato che avrebbero ricevuto uno stipendio “molto inferiore rispetto a quello dovuto secondo i contratti in vigore nel settore, sia attraverso la notifica da parte dei responsabi­li della società alle agenzie di collocamen­to di meno ore rispetto a quelle effettivam­ente svolte, sia attraverso la retrocessi­one dei salari ricevuti in Svizzera agli stessi responsabi­li”.

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