Non ci resta che il Samba
Con i titoli piloti e costruttori già assegnati, in Brasile la Formula Uno guarda ormai al futuro: qualcosa deve cambiare
Negli ultimi minuti delle libere del pomeriggio qualche lieve goccia di pioggia cade sul tracciato situato – come s’intuisce dal nome, Interlagos – tra i laghi, rendendo grigi i casermoni che gli stanno attorno, figli di una speculazione edilizia che in Brasile ha sventrato chilometri di territorio. E l’ambiente del paddock non è che sia molto più allegro, un poco come certe canzoni del Bossanova, cariche di “saudade”, di morbida malinconia: tutti i giochi sono decisi, nelle conferenze si finge di provare emozione nella lotta per il secondo posto del Mondiale tra Vettel e Bottas. Alcuni sanno che l’anno prossimo non ci saranno più, altri saranno promossi e altri confermati. La parola d’ordine è arrivare alla fine di una stagione infinita, con troppi Gp, spostamenti e corse di meccanici e team completi. È divertente osservare come le squadre si lamentano di questa situazione sui media, poi in silenzio e nel buio pregano Liberty di non ripristinare i test che costavano una fortuna e davano ancora maggiori vantaggi a chi aveva il portafoglio gonfio. Così si è arrivati a ottenere nella pratica – e nell’ombra – i test durante i giorni di gara. Vettel giovedì era smarrito, ha ammesso di sentirsi non bene per quanto accaduto e per un Mondiale letteralmente gettato in mare per molte pochezze messe assieme. Alla dura strigliata di Marchionne – che nel criticare il risultato complessivo della Ferrari non aveva mancato di redarguire i suoi piloti per alcuni errori di troppo – il tedesco ha risposto piccato che solo a Baku ha commesso una fesseria. A Maranello rassicurano di stare già lavorando duro per il 2018 e lo stesso sta facendo Renault, con il bel risultato di avere portato di nuovo Ricciardo e le due Toro Rosso a una penalità di 10 posti in griglia a causa di cambiamenti dei propul-
sori e delle unità, palesando poca affidabilità. Verstappen ha detto chiaramente a tutti che la sua Red Bull ieri non stava proprio in strada. Su questo tracciato dieci anni fa Raikkonen si laureava ultimo campione del mondo con la Ferrari e come sempre alle domande sul tema ha risposto con un senso di noia che accende in ogni interlocutore la più semplice delle domande: ma perché, soldi a parte, continua a correre?
Tra rilancio e Formula E
Una notizia che parte dal 1970 e da Jochen Mass ha molto colpito il mondo della F1: se ne va lo storico
marchio Boss, partner ultradecennale di McLaren e più di recente di Mercedes-Benz, logo che vestiva molte auto da corsa tra cui una indimenticabile Porsche con il segno del gesso bianco su fondo nero, poi copiato da un noto marchio italiano. Boss va verso la Formula E per le stesse motivazioni per le quali oggi Liberty Media sente il bisogno di un intervento urgente sul format della F1: corse in città (tra poco finalmente Zurigo e Roma), passione e curiosità del pubblico giovane, trend modaiolo, sostenibilità (vera o presunta). La stessa Mercedes-Benz, che ha già comunicato l’intenzione di andarci, pensa al ritiro verso il 2020 o giù di lì.
E allora questo tempo uggioso e questo sentimento brasiliano attorno a un campionato vinto da Hamilton con una maturità indiscutibile, sa di presagio che qualcosa debba accadere. Alonso lo ha detto in tempi non sospetti: «Chiedete a un mio collega a microfoni spenti, vi dirà che questo non è il modo di correre che sognava quando iniziò a farlo nei kart. Certo, fama e denaro aiutano, ma qualcosa deve cambiare». Un campione così multimediale come Hamilton e un gruppo orientato allo show-business come Liberty senza più le ombre di puro affare di Ecclestone, possono essere il preludio di una nuova era. Con un però: Todt, presidente della Fia, ama perdutamente la Formula E e la sente un suo prodotto. Quanto aiuterà davvero una rinascita della F1? Un commento finale sul neo campione del mondo: i dati non lasciano dubbi, abbiamo assistito al miglior campionato di Hamilton da quando corre, con una perfezione e una concentrazione che mai aveva palesato, pur dovendo domare una monoposto meno stabile e birichina che solo a metà campionato ha trovato la quadra tra dimensioni e assetto in pista. Già pregustiamo nel 2018 un Mondiale di grande interesse, con Vettel e Hamilton a quota 4 titoli vinti e con i 5 del mito Fangio nel mirino a cinque.