Insubria, ’ndrangheta senza confini
Le motivazioni della Cassazione. L’operazione interessò anche il Ticino.
La natura mafiosa delle ’ndrine di Fino Mornasco, Cermenate e Calolziocorte, è cementata dal giudizio della Corte di Cassazione italiana che lo scorso 15 giugno ha definitivamente condannato 18 imputati, arrestati nel novembre 2014 con l’operazione ‘Insubria’, dai risvolti anche ticinesi. Pure per gli altri 20 imputati i giudici della Suprema Corte hanno riconosciuto la partecipazione a cosche ’ndranghetiste, ma per loro hanno deciso il rinvio a una nuova sezione della Corte d’appello di Milano, per il riconoscimento delle attenuanti generiche, concesse in sede di udienza preliminare, ma negate nel giudizio di secondo grado per cui terminato con pene aggravate. Per tutti gli imputati – 38 in totale arrestati tra le province di Como e di Lecco – le motivazioni del giudizio della Cassazione si sono conosciute solo in questi giorni. In sostanza – e la circostanza è di estrema importanza – i giudici riconoscono l’esistenza della ’Ndrangheta nelle province italiane del profondo Nord, a ridosso del Ticino, e l’appartenenza alle ’ndrine degli imputati. Una risposta, quindi, anche a coloro che hanno continuato a sostenere che la criminalità organizzata al Nord “non esiste”. Fra gli imputati che si sono visti confermare la condanna, per cui è diventata definitiva (17 anni e 7 mesi), c’è Giuseppe Puglisi, ‘melangiana’, capo della cosca di Cermenate, il frontaliere che lavorava a Bellinzona e che aveva creato un’‘agenzia di recupero crediti’ che agiva con metodi ‘spicci’ (un eufemismo). Puglisi, andato a vuoto il recupero in Ticino di un milione di euro, per conto di un imprenditore comasco, impegnato in grossi lavori a Mendrisio, per recuperare i guadagni andati in fumo si era messo a ricattare lo stesso imprenditore. È stata invece rinviata a una nuova Corte d’appello di Milano la posizione di Michelangelo Chindamo, capo della ’ndrina di Fino Mornasco, già condannato per il blitz ‘La Notte dei Fiori di San Vito’. Chindamo per l’Insubria era stato condannato in Appello a 7 anni e 3 mesi, rispetto ai 4 anni di primo grado. Per conto di un imprenditore di Gudo aveva cercato di estorcere 250mila euro a un avvocato di Como e a un commercialista di Chiasso. Era stato arrestato dagli investigatori comaschi su segnalazione della Polizia cantonale.