laRegione

Mazzata di portata storica

Come la Corea nel ‘66. Una Caporetto. Sicurament­e una disfatta, con tutti i crismi. Niente Mondiale per l’Italia di (s)Ventura.

- Di Marzio Mellini

II fischi di San Siro sono solo gli ultimi, quelli più impietosi. Ma ce n’erano stati molti altri, anche prima. Quelli di Milano salutano la clamorosa uscita di scena di una Nazionale italiana che in Russia manda la Svezia. Incapace com’è stata di trovare una rete in due partite contro gli scandinavi, abili a difendersi dagli attacchi confusi e velleitari degli Azzurri. Generosi, ma nulla più di questo. Poca roba. (S)Ventura azzurra: fin troppo facile il giochino con il nome del ct che passerà alla storia come l’artefice della seconda “Corea”, dopo la prima datata 1966, coincisa con l’eliminazio­ne dai Mondiali ad opera dei dilettanti coreani: questa mancata qualificaz­ione somiglia molto a quel clamoroso tonfo dell’Italia di Mazzola e Rivera. E priva la Coppa del mondo di una delle protagonis­te storicamen­te più attese, e anche vincenti. Era dal 1958 che l’Italia non restava a casa. Uno scherzo del destino vuole che quell’edizione di 60 anni fa fosse ospite proprio della Svezia. Ma non è colpa o merito degli scandinavi, se l’Italia di Ventura non andrà al Mondiale. Troppo fragili, gli Azzurri, troppo brutti. Una Nazionale che sin dalle prime schermagli­e targate Ventura non ha fatto breccia nel cuore dei tifosi, dai quali è rimasta distante. Non ha la qualità, né il carisma di quelle che hanno fatto la storia del calcio italiano, premiato con quattro titoli mondiali. L’ultimo nel 2006 quando in campo c’era gente del calibro di Pirlo, Totti, Del Piero, Cannavaro, Nesta. Nulla a che vedere con la figurine di oggi, lontani parenti dei loro illustri predecesso­ri. Non ha nemmeno la tenacia di quella affidata ad Antonio Conte. Non vincente, anche quella, ma quantomeno apprezzabi­le per quanto ha saputo trasmetter­e in termini di attaccamen­to e cuore. Questa è – anzi era, perché ora si volterà pagina – una squadra fredda, anche presuntuos­a, a immagine di un ct il cui indice di gradimento non è mai salito oltre il minimo sindacale. Fino a sprofondar­e con le ultime prestazion­i, a partire dal mortifican­te confronto con la Spagna, in cui è parso netto quanto ampio fosse il divario tra una grande, una grande vera, e l’Italia che cede il posto

alla Svezia orfana di Ibrahimovi­c. Squadra, anche questa solo normale. Quanto è bastato – la normalità e un po’ di vigore atletico – per scrivere una pagina di storia. La cui stesura era cominciata a Solna, il cui punto finale è stato posto a San Siro. E non sono nemmeno tanti quelli sorpresi. La si sentiva arrivare, la sensazione. Che non desti poi tutto questo scalpore, deve fare riflettere. «Dispiace per non per me, ma per il movimento, perchè abbiamo fallito e anche a livello sociale poteva essere veramente importante». Gigi Buffon è distrutto. «Questo è l’unico rammarico che ho, e non certo di perchè chiudo, perchè il tempo passa, è tiranno ed è giusto che sia così. Mi dispiace solo che l’ultima partita ufficiale in Nazionale sia coincisa con l’eliminazio­ne. Non siamo riusciti a esprimere il meglio, ma sicurament­e c’è un futuro per il calcio italiano, perché noi siamo testarti, caparbi, abbiamo forza e orgoglio, dopo le brutte cadute troviamo il modo di rialzarci. Un grande abbraccio a chi mi ha sostenuto. Il ct ha le colpe che abbiamo noi».

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KEYSTONE In lacrime
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Meritava di più

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