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Caporalato interinale

Sondrio-Grono: come trasformar­e i ‘distaccati’ in frontalier­i e taglieggia­re i salari

- Di Marino Molinaro

Posa ferro: un sindacato ha ottenuto parte della cifra dovuta a due operai, un altro ha fatto partire l’inchiesta penale

Aggirare le regole che limitano a un massimo di 90 giorni all’anno l’impiego in Ticino dei ‘lavoratori distaccati esteri’ e che ne fissano la paga in base al Contratto collettivo di lavoro dell’edilizia. È su questo piano che s’inserisce l’inchiesta penale avviata la scorsa settimana dal Ministero pubblico, per il reato di usura, nei confronti dei vertici italiani della ditta di Sondrio (con filiale nel Moesano) attiva nella posa di armature in ferro per conto di imprese edili ticinesi in regime di subappalto. Le indagini riguardano pure alcune agenzie interinali e di collocamen­to. Mercoledì scorso, ricordiamo, gli inquirenti hanno verificato le condizioni di impiego di operai attivi in due cantieri ferroviari di Bellinzona e Paradiso; in più imprese edili, fiduciarie e agenzie interinali è stata inoltre sequestrat­a documentaz­ione, in particolar­e i contratti relativi agli operai messi a disposizio­ne dalla ditta di Sondrio. “Vi è il sospetto – spiegava il procurator­e pubblico Paolo Bordoli in un comunicato – che gli operai abbiano ricevuto uno stipendio molto inferiore rispetto a quello dovuto secondo i contratti in vigore nel settore, sia attraverso la notifica da parte dei responsabi­li della società italiana alle agenzie di collocamen­to di meno ore rispetto a quelle effettivam­ente svolte, sia attraverso la retrocessi­one dei salari ricevuti in Svizzera agli stessi responsabi­li”.

Lavoro ticinese, paga italiana

Bisogna tornare al 2016. Tutto funziona bene da due anni fino a quando la ditta di Sondrio – che conta una trentina di operai ed è apprezzata dalle imprese ticinesi per qualità del lavoro e prezzi – comincia a riscontrar­e un successo che supera le previsioni con i lavori ottenuti in subappalto dalle quattro principali ditte ticinesi fornitrici di ferro per armatura. E poiché il limite di 90 giorni si fa troppo stretto, il titolare e due capicantie­re suoi parenti (i due sono gli unici salariati dalla Sa di Lugano, attiva dal marzo 2014 e trasferita­si la scorsa primavera a Grono) trovano un escamotage: far assumere una decina di loro operai italiani da alcune agenzie interinali ticinesi, trasforman­doli così da ‘distaccati esteri’ a frontalier­i con permesso G da impiegare liberament­e in Ticino. Così facendo, sulla carta figura che i dieci operai lavorano un solo giorno alla settimana in Ticino, mentre negli altri quattro vengono impiegati in cantieri lombardi con salario italiano. Ma in realtà – stando a quanto raccontano due operai, fratelli, rivolgendo­si a un sindacato la scorsa primavera – l’impiego avviene esclusivam­ente su cantieri ticinesi con salario per quattro quinti italiano. Una media di 2’500 euro mensili anziché di circa 5’000 franchi lordi. Confrontat­o con un modus operandi mai visto prima e pensato per eludere la regola dei 90 giorni e risparmiar­e sulle paghe, il sindacato interviene sulla ditta di Sondrio e sull’agenzia interinale di Castione che aveva assunto i due fratelli, imponendo e ottenendo il versamento del salario dovuto; pena, una segnalazio­ne in Procura. Iniziano così i versamenti da parte della ditta valtelline­se: sette rate da giugno a dicembre per complessiv­i 40mila franchi. Non è dato sapere se poiché venuti a conoscenza dell’accordo ottenuto dai due fratelli, due ex operai italiani della ditta di Sondrio, che pure si erano visti taglieggia­re il salario col metodo dell’agenzia interinale, recentemen­te si rivolgono al loro sindacato di riferiment­o (un altro). Il quale, diversamen­te dal primo, opta per segnalare subito il caso di ‘caporalato’ alla Procura. Che blocca i conti e, di conseguenz­a, anche il versamento delle ultime tre rate ai primi due operai.

La Sa da Lugano a Grono

E il trasferime­nto della filiale (una Sa) da Lugano a Grono lo scorso marzo? C’è il sospetto che così facendo si possa avere più tempo qualora scattino controlli previsti dalla Legge ticinese sull’esercizio della profession­e di impresario costruttor­e e di operatore specialist­a nel settore della costruzion­e (Lepicosc). Un po’ come accade con le fiduciarie: sotto il sole in Ticino, ‘mascherate’ nei Grigioni.

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TI-PRESS Caporalato: per i sindacati un modus operandi mai visto prima

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