‘Un coperchio su una pentola a pressione’
Tetti di spesa vincolanti (o ‘budget globali’) per contenere i costi nel settore ambulatoriale? Li propone un gruppo d’esperti incaricato dal Consiglio federale (cfr. ‘laRegione’, 26.10.2017). Ne parliamo con l’economista Luca Crivelli, direttore del Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale della Supsi e professore all’Usi di Lugano.
Il Ticino, come Vaud e Ginevra, applica già i budget globali nel settore stazionario. Con quali risultati?
Difficile dirlo. La LAMal comunque contempla già la facoltà di introdurre un budget globale per ospedali e case di cura. In Ticino sono oggetto di un contratto di prestazione tra Cantone e singoli ospedali: per ogni singolo ospedale viene definito un tetto di spesa, sulla base di un modello predittivo basato sui dati storici, e il Cantone congela il suo contributo ad un montante globale nella misura in cui i volumi di pazienti si situano in un intervallo di più o meno il 3%. Ma è difficile immaginare un meccanismo simile nel settore ambulatoriale (con migliaia di attori) senza aumentare in modo esponenziale i costi amministrativi.
Nessun ‘effetto efficace sul contenimento dei costi,’ quindi?
L’obiettivo di questi interventi dovrebbe sempre essere quello di aumentare il valore (in termini di qualità di vita) di quanto viene speso nel settore sanitario. Un budget globale così generalizzato può certamente aiutare a contenere l’evoluzione della spesa, ma non offre alcuna garanzia sul fatto che i soldi siano effettivamente spesi nel modo più efficace. Si rischia dunque di penalizzare chi lavora con coscienza e di non contenere a sufficienza quei fornitori di prestazione che perseverano nell’aumentare opportunisticamente le proprie prestazioni, anche quando esse sono poco utili.
Per le principali organizzazioni del settore, i tetti di spesa inducono un ‘razionamento occulto delle prestazioni,’ a scapito soprattutto di pazienti anziani e cronici. Concorda?
È vero che un budget globale equivale a mettere un coperchio su una pentola a pressione. Non dice nulla su cosa succederà dentro la pentola e potrebbe implicitamente condurre a decisioni che limitano la spesa in ambiti nei quali non solo il costo, ma anche il valore delle prestazioni è molto elevato, proprio perché queste riguardano pazienti affetti da patologie croniche e multiple. Un’alternativa più trasparente ed efficace è quella di rafforzare le valutazioni Hta (Health Technology Assessment) che consentono di escludere in modo esplicito dalla LAMal prestazioni il cui beneficio per il paziente non corrisponde al costo causato alla società. Si tratterebbe di rafforzare il peso di un’istituzione esistente, lo Swiss Medical Board, le cui raccomandazioni ora non sono giuridicamente vincolanti.
Altra misura proposta: un articolo nella LAMal che consenta di ‘sperimentare nuove soluzioni.’ Quali?
La prima idea che mi viene in mente è l’applicazione del concetto “una prestazione – un prezzo”. Oggi lo stesso intervento viene remunerato in modo diverso se questo è erogato in regime stazionario o in day hospital. Nel primo caso si applicano i Drg (o ‘forfait per caso’), nel secondo si fattura tramite Tarmed. Non solo. Nel primo caso la fattura è coperta nella misura del 55% dal Cantone e del 45% dalla cassa malati, nel secondo viene rimborsata per intero dall’assicurazione malattia. Il problema è noto, ma nel sistema elvetico, di stampo corporativista, è molto difficile trovare sul piano nazionale il consenso necessario a realizzare la riforma. Il nuovo articolo permetterebbe di sperimentare a livello cantonale, l’esperienza pilota andrebbe valutata e semmai trasferita sul piano nazionale.