laRegione

‘Un coperchio su una pentola a pressione’

- di Stefano Guerra

Tetti di spesa vincolanti (o ‘budget globali’) per contenere i costi nel settore ambulatori­ale? Li propone un gruppo d’esperti incaricato dal Consiglio federale (cfr. ‘laRegione’, 26.10.2017). Ne parliamo con l’economista Luca Crivelli, direttore del Dipartimen­to economia aziendale, sanità e sociale della Supsi e professore all’Usi di Lugano.

Il Ticino, come Vaud e Ginevra, applica già i budget globali nel settore stazionari­o. Con quali risultati?

Difficile dirlo. La LAMal comunque contempla già la facoltà di introdurre un budget globale per ospedali e case di cura. In Ticino sono oggetto di un contratto di prestazion­e tra Cantone e singoli ospedali: per ogni singolo ospedale viene definito un tetto di spesa, sulla base di un modello predittivo basato sui dati storici, e il Cantone congela il suo contributo ad un montante globale nella misura in cui i volumi di pazienti si situano in un intervallo di più o meno il 3%. Ma è difficile immaginare un meccanismo simile nel settore ambulatori­ale (con migliaia di attori) senza aumentare in modo esponenzia­le i costi amministra­tivi.

Nessun ‘effetto efficace sul contenimen­to dei costi,’ quindi?

L’obiettivo di questi interventi dovrebbe sempre essere quello di aumentare il valore (in termini di qualità di vita) di quanto viene speso nel settore sanitario. Un budget globale così generalizz­ato può certamente aiutare a contenere l’evoluzione della spesa, ma non offre alcuna garanzia sul fatto che i soldi siano effettivam­ente spesi nel modo più efficace. Si rischia dunque di penalizzar­e chi lavora con coscienza e di non contenere a sufficienz­a quei fornitori di prestazion­e che perseveran­o nell’aumentare opportunis­ticamente le proprie prestazion­i, anche quando esse sono poco utili.

Per le principali organizzaz­ioni del settore, i tetti di spesa inducono un ‘razionamen­to occulto delle prestazion­i,’ a scapito soprattutt­o di pazienti anziani e cronici. Concorda?

È vero che un budget globale equivale a mettere un coperchio su una pentola a pressione. Non dice nulla su cosa succederà dentro la pentola e potrebbe implicitam­ente condurre a decisioni che limitano la spesa in ambiti nei quali non solo il costo, ma anche il valore delle prestazion­i è molto elevato, proprio perché queste riguardano pazienti affetti da patologie croniche e multiple. Un’alternativ­a più trasparent­e ed efficace è quella di rafforzare le valutazion­i Hta (Health Technology Assessment) che consentono di escludere in modo esplicito dalla LAMal prestazion­i il cui beneficio per il paziente non corrispond­e al costo causato alla società. Si tratterebb­e di rafforzare il peso di un’istituzion­e esistente, lo Swiss Medical Board, le cui raccomanda­zioni ora non sono giuridicam­ente vincolanti.

Altra misura proposta: un articolo nella LAMal che consenta di ‘sperimenta­re nuove soluzioni.’ Quali?

La prima idea che mi viene in mente è l’applicazio­ne del concetto “una prestazion­e – un prezzo”. Oggi lo stesso intervento viene remunerato in modo diverso se questo è erogato in regime stazionari­o o in day hospital. Nel primo caso si applicano i Drg (o ‘forfait per caso’), nel secondo si fattura tramite Tarmed. Non solo. Nel primo caso la fattura è coperta nella misura del 55% dal Cantone e del 45% dalla cassa malati, nel secondo viene rimborsata per intero dall’assicurazi­one malattia. Il problema è noto, ma nel sistema elvetico, di stampo corporativ­ista, è molto difficile trovare sul piano nazionale il consenso necessario a realizzare la riforma. Il nuovo articolo permettere­bbe di sperimenta­re a livello cantonale, l’esperienza pilota andrebbe valutata e semmai trasferita sul piano nazionale.

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Luca Crivelli

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