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Un viaggio a Kathmandu e poi le sciarpe in cashmere tra Lugano, Milano e Nepal

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La vena imprendito­riale è di famiglia ma Patrick Garbini, 41 anni, mai avrebbe immaginato di fondare un’azienda di prodotti di lusso. Tutto è iniziato durante un viaggio nell’Himalaya, quando visita una bottega in un antico villaggio nella valle di Kathmandu.

Quell’incontro avrebbe cambiato la sua vita. Oggi Garbini gestisce a Lugano il marchio Purest: produce due collezioni annuali di esclusivi accessori in cashmere, filato che l’azienda acquista in Mongolia. Preziose sciarpe, eleganti coperte e set da viaggio, tessuti a mano nel proprio atelier in Nepal e concepiti da un noto stilista milanese. Svizzera, Europa e Paesi del Golfo sono i mercati di sbocco principali dove selezionat­e boutique propongono i capi, anche alcuni noti marchi del lusso fanno affidament­o proprio all’azienda ticinese per lo sviluppo delle loro collezioni di accessori.

Laureato in economia all’Usi, attivo nel management prima a Zurigo nel settore dell’aviazione e poi a Losanna nelle telecomuni­cazioni, Garbini si licenzia nel 2010. «Ero sotto pressione e sentivo la necessità di una nuova sfida. Ero contento di riprenderm­i la mia libertà ma dovevo anche garantirmi un salario». Sulla sua scrivania c’è da tempo la carta da visita dell’artigiano nepalese.

L’idea matura di mese in mese. «Ho dedicato molto tempo alla creazione del modello di business e allo studio di fattibilit­à della mia idea imprendito­riale, per definire prodotto, mercati di riferiment­o e promozione, nonché la parte finanziari­a e la ricerca dei partner. Sapevo che serviva un investimen­to iniziale», spiega.

Sei solo e lavori 7 giorni su 7

L’inizio è molto impegnativ­o. «Passare da dipendente (con un salario fisso e vacanze) ad indipenden­te necessita di un notevole cambio di mentalità, resilienza e tanta passione. Sei solo, lavori 7 giorni su 7 per una paga quasi irrisoria all’inizio. Ci vuole adattament­o, le sorprese non mancano mai e bisogna essere tenaci e risoluti. È la ricerca quotidiana dell’equilibrio tra le capacità artigianal­i nepalesi che vogliamo valorizzar­e, le elevate esigenze dettate dai nostri clienti e gli aspetti finanziari per garantire una crescita aziendale sostenibil­e», precisa. Ci fa un esempio: «In Nepal ci sono prolungati periodi di pausa dettati dalla religione e l’Atelier si ferma più volte all’anno per svariate settimane».

L’azienda familiare partner in Nepal che ha otto telai a mano e una decina di collaborat­ori, ha aumentato la produzione creando un valore aggiunto per la comunità ma anche la qualità delle produzioni. «C’è voluto tempo per sintonizza­rci. Ogni pezzo deve essere perfetto nell’espression­e degli aspetti creativi voluti dal designer e quelli dell’antica tradizione tessile nepalese, formula apprezzata dai nostri clienti». Dal Cantone qualche aiuto è venuto. «Molto valide le consulenze per riflettere sul modello di business sviluppato, è stato di utilità presentare il progetto, ma l’implementa­zione dell’idea spetta in definitiva solo all’imprendito­re», precisa.

‘Non sottovalut­ate i costi iniziali’

A chi comincia, consiglia di non sottovalut­are i costi iniziali per mettersi in proprio. «Le entrate non arrivano subito e ci sono spese:bisogna fare un business plan, il mio era di 20 pagine e ci ho impiegato 4 mesi, poi va presentato il prodotto, c’è il marketing, nel mio caso organizzar­e delle collezioni. In tutto questo periodo non ci sono entrate, ma si deve vivere».

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