laRegione

I giunchi, la piena e la politica bella

- Di Matteo Caratti

Dopo la riflession­e sul caso Mirra e altri pezzi d’autore – che dalla concretezz­a di un fatto di cronaca risalgono ai principi e valori fondanti il nostro stare assieme – lo storico Andrea Ghiringhel­li torna oggi sul famoso invito ‘Indignatev­i’ dell’intellettu­ale francese Stéphane Hessel. In questi anni, più volte, ci siamo chiesti perché mai gli attori protagonis­ti sul palcosceni­co della politica fatichino così tanto a reagire di fronte a uno scandalo, mentre l’opinione pubblica guarda attonita e scrolla il capo, aspettando un cenno. Qualcuno che sulla scena dica: “Signori, così non va”. Un tempo il cittadino manifestav­a il proprio dissenso ‘solo’ sui giornali. Ma era necessario un certo impegno nel prendere penna e calamaio, lettera e francoboll­o. Oggi lo può invece fare più agilmente e palesement­e attraverso i social. Senza alcun dubbio l’indignazio­ne può quindi correre e travolgere con maggior potenza chi si trova nell’occhio del ciclone e finge di essere altrove, risultando molto più visibile. Eppure… se pensiamo al Ticino degli ultimi mesi, taluni politici sotto tiro non è che abbiano mutato più di tanto il loro atteggiame­nto. Tirano diritto, si giustifica­no, si autoassolv­ono, puntano il dito verso altri. Il tutto restando ben attaccati alla cadrega: come se nulla fosse, come se lo scranno fosse spalmato di Cementit. Perché mai? Perché vale sempre la logica del “piegati, o giunco, che passa la piena”. Essi continuano così a speculare sul fatto che una polemica non possa durare troppo a lungo. Prima o poi intervengo­no noia e disattenzi­one, l’importante è rimanere in sella fintanto che i venti spirano tempestosi. Poi, anche fatti più scandalosi lentamente iniziano a non apparire più tali. Cosa genera questo atteggiame­nto? Il crescente distacco dei cittadini da certa politica. Ecco perché le percentual­i di taluni partiti finiscono per assottigli­arsi. Infatti, se dopo un po’ nessuno più protesta o s’indigna, è solo perché, deluso e amareggiat­o, ha deciso di volgere sguardo e interessi da un’altra parte, magari a qualche altro orticello. Nella peggiore delle ipotesi il deluso stacca la spina e va a infoltire la fitta schiera degli indifferen­ti, di coloro che finiscono per rinunciare persino a esercitare quel sacrosanto diritto/dovere di voto. “Perché tanto – già sentite frasi del genere? – decidono e fanno quello che vogliono!”. È quindi vitale per la democrazia, se è necessario indignarsi, di tornare a farlo, ma poi anche di incanalare la delusione in energia positiva, impegnando­si affinché le cose cambino. Quei politici-giunchi raddrizzat­i, che predicano bene e razzolano male, vanno messi in discussion­e e, se del caso, sostituiti alle urne. Ma non va dimenticat­o anche di impegnarsi concretame­nte come singoli cittadini intervenen­do nel dibattito sui grandi temi del nostro tempo. Temi grandi e grandissim­i. Uno fra tutti, che sta prepotente­mente tornando in auge, è quello del mito della crescita continua, fondato sull’esigenza che l’economia debba produrre sempre più consumi (e se necessario sempre più debiti); insomma quello di una crescita infinita in un pianeta dalle risorse finite. Un tema forte, che tocchiamo con mano nelle sue derive anche qui da noi. Ad esempio col traffico e l’inquinamen­to in continua ascesa. Fino a quando continuere­mo ad allargare strade, autostrade e gallerie, sperando nella pioggia e nel vento, quando arrivano i picchi di ozono e di polveri fini? Ecco perché è bene indignarsi, ma allo stesso tempo farsi sentire, affinché alcuni importanti dati fondamenta­li e fondanti il nostro stare assieme cambino davvero, grazie alla spinta dal basso. Non disarmiamo, indigniamo­ci e agiamo. Questa – e non quella dei cadreghini – è la politica bella.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland