Se il lavoro fa ammalare
I cambiamenti economici e le nuove forme d’assunzione fanno da innesco a un crescente disagio sociale
Organizzazione del lavoro e contesto socio-economico sono cambiati molto nell’ultimo decennio e ancora sono in evoluzione grazie anche all’attuale processo di digitalizzazione dell’economia. La globalizzazione dei mercati unita ai fenomeni della delocalizzazione e l’accesso a risorse lavorative a basso costo creano nella società insicurezze e generano situazioni di stress e tensioni costanti. «Questa imprevedibilità è percepita anche dai lavoratori, per i quali la sicurezza dell’impiego non è più garantita», ci spiega Carlotta Vieceli, psicologa presso il Laboratorio di piscopatologia del lavoro, un servizio dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale. «La paura di perdere il posto di lavoro come evidenziato dall’ultima indagine sulla salute in Svizzera (i dati più recenti risalgono al 2012, ndr) è aumentata. Un’insicurezza che accompagna molti lavoratori e genera una situazione di stress. Le persone per mantenere il proprio posto di lavoro possono arrivare a iperinvestire riducendo i confini tra tempo libero e tempo lavorativo e ad andare al lavoro anche se in uno stato di salute psicofisica non ottimale», spiega ancora Carlotta Vieceli. Sempre in questi anni vi sono stati an-
che importanti cambiamenti nelle modalità d’impiego: aumento dei contratti di lavoro a tempo determinato, degli orari flessibili, del lavoro a turni, dei lavoratori su chiamata, del lavoro interinale. «Diversi studi (cfr. F. Giudici, ‘L’impatto del lavoro sulla salute: impieghi atipici e insicurezza lavorativa’, Ustat, maggio 2015) hanno dimostrato che il ricorso a cure psichiatriche aumenta con l’aumentare dell’insicurezza dell’impiego e della disoccupazione e un peggioramento dello stato di salute in generale. Il risultato di questi cambiamenti è che accanto ai rischi tradizionali di tipo chimico, fisico e biologico si sono aggiunti anche altri rischi di tipo psicologico e sociale», continua Vieceli la quale precisa che i fenomeni quali il mobbing, i conflitti interpersonali, lo stress e il burnout «non sono da considerarsi un’emergenza sociale, ma è pur vero che sono costantemente segnalati dai lavoratori al nostro Laboratorio». L’indagine della Seco del 2010 ha potuto osservare un aumento delle persone che si sentono spesso o molto spesso stressate sul posto di lavoro rispetto soltanto a un decennio fa e ha indicato le situazioni conflittuali come uno dei fattori di rischio più importanti.
Decine di casi trattati ogni anno
L’attività del Laboratorio di psicopatologia del lavoro è nata nel 2006 proprio per dare un sostegno a tutte le persone che manifestano una sofferenza psichica o che presentano problemi sociali, familiari, economici, legali a causa di una situazione lavorativa difficile quale disoccupazione, precarietà, conflitti sul posto di lavoro. «Il Laboratorio si rivolge anche alle aziende presenti sul territorio per azioni di consulenza e prevenzione in materia di rischi psico-sociali effettuando anche interventi di mediazione, formazione e supervisione», continua Carlotta Vieceli ricordando che sono decine i casi trattati ogni anno dal Laboratorio. «Spesso su sollecitazione dei lavoratori interessati ma anche su segnalazione dei sindacati che si vedono confrontati con casi non direttamente riconducibili a problematiche di carattere contrattuale o di diritto del lavoro».