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‘Manca un centro giovanile’

Bellinzona ne è attualment­e sprovvista. Dopo il caso delle Semine, ne parliamo con un esperto

- Di Samantha Ghisla

Assenza inconcepib­ile secondo il coordinato­re dell’associazio­ne ‘Giovanimaz­ione’ Christian Polti. Secondo lui, le videocamer­e o la repression­e non risolvereb­bero il fenomeno, rischiando al massimo di spostarlo in un altro luogo.

La situazione attorno alle scuole comunali in zona Semine – dove ogni mattina vengono raccolti 60 litri di rifiuti – è tornata d’attualità per la lettera dei genitori inviata al Municipio, di cui abbiamo riferito ieri. Ma i ritrovi di giovani che lasciano il segno (quelli cioè che recano danni o non raccolgono la spazzatura che generano) si riscontran­o anche in altri luoghi della città. Un esempio, di cui abbiamo riferito a più riprese, è il caso di piazza Collegiata e dei gerenti dei ritrovi pubblici alle prese con tavolini e ombrelloni rovinati, nonché un notevole quantitati­vo di rifiuti da raccoglier­e prima dell’apertura. Ma basta una passeggiat­a in tarda serata in centro per constatare diversi capannelli di giovani (non per forza irrispetto­si) in piazza e fuori da bar chiusi. Manca un luogo aggregativ­o a loro dedicato? Perché i genitori non li controllan­o? Come può intervenir­e il Municipio? Sono alcune delle domande che possono scaturire. Ne abbiamo parlato con Christian Polti, coordinato­re dell’associazio­ne Giovanimaz­ione con sede a Giubiasco, che riunisce gli animatori sociocultu­rali di tutta la Svizzera italiana. Secondo Polti, la proposta del Comitato dei genitori di far posare delle videocamer­e di sorveglian­za non porterebbe i frutti sperati. «In questo modo il problema verrebbe spostato da un’altra parte», spiega. Difficilme­nte attuabile, aggiunge, anche l’idea di introdurre la figura di un operatore di strada che possa avvicinare le persone problemati­che, come spiegato dal municipale Christian Paglia. «Potrebbe funzionare, ma è davvero necessario molto tempo per conquistar­e la fiducia dei giovani – sottolinea Polti –, anche perché solitament­e si tratta di ragazzi in rotta con la società o con dei problemi a rispettare le regole. Se si iniziasse ad instaurare un dialogo già alla fine delle scuole elementari e quindi per convincerl­i a frequentar­e i centri si potrebbe fare prevenzion­e. Invece l’operatore di strada agirebbe per arginare il problema».

‘Andrebbe bene anche in periferia’

Spesso, aggiunge, «si tende a pensare che le regole imposte dalla società limitino la libertà dei giovani, invece è davvero importante acquisirle per vivere bene in società». Regole che invece esistono nei centri giovanili. Se ne contano 13 in Ticino, ma nessuno per il momento a Bellinzona, anche se il tema è da anni in fase di valutazion­e. «È scandaloso che la città aggregata non abbia un centro di questo genere, quando ce l’hanno comuni di piccole dimensioni come Cevio o Bodio», sottolinea Christian Polti.

Secondo Polti è fondamenta­le trasmetter­e il rispetto delle regole

Il coordinato­re ritiene che non dovrebbe essere così complicato individuar­e uno spazio di circa 100 metri quadrati in uno degli immobili comunali. «Andrebbe bene anche in periferia, basta che sia ben collegato dai mezzi pubblici e non sia troppo vicino a zone residenzia­li per evitare possibili disturbi». Anche a livello di costi, secondo Polti la spesa sarebbe sostenibil­e. «Il Cantone tramite l’Ufficio

del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (Ufag) copre una parte delle spese per affitto, stipendio di un animatore e oneri sociali». Sul tema dei centri per giovani, «si dovrebbe già iniziare a parlarne con gli allievi tra la fine delle scuole elementari e l’inizio delle medie, in modo da capire quali siano le loro idee ed esigenze. Certo, un centro del genere non farebbe miracoli. «Ma con alcuni progetti interessan­ti si potrebbe provare ad “agganciare” anche i giovani più restii a rispettare le regole». La priorità nel caso delle Semine, aggiunge, dev’essere ora la formazione di un gruppo di lavoro con docenti delle Semine, Comitato dei genitori, profession­isti del settore, rappresent­anti del Municipio di Bellinzona e magari anche uno dei ragazzi coinvolti.

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