laRegione

Una scomoda realtà?

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Le ragioni storiche per cui l’economia ticinese possa ormai considerar­si “a rimorchio” di quella italiana sono ormai scontate e evidenti. Infatti, i ticinesi fanno i loro acquisti nella vicina Lombardia, assumono e dipendono dalla manodopera italiana in quasi tutti i settori, così come investono (chi ancora può permetters­elo) grazie ai capitali trafugati e in fuga dalla penisola. In modo particolar­e, molte maestranze italiane hanno costruito autostrade, eretto scuole e ospedali, edificato interi quartieri. Senza il fondamenta­le apporto del frontalier­ato, l'economia ticinese si troverebbe in serie difficoltà operati- ve nel settore ospedalier­o, dell’assistenza e in altri servizi vitali privati e parastatal­i. La penetrazio­ne italiana è ormai diffusa e radicata nel nostro territorio e perfino nella crescita demografic­a: un Consiglier­e federale ha perfino recentemen­te buttato nel Tevere il passaporto tricolore! Una realtà e una verità scomoda che pochi sono disposti a riconoscer­e, se non per mal celati interessi privati: dalla manodopera sottopagat­a a buon mercato all’acquisto di prodotti e materie prime nella vicina penisola. L’identità della “provincia” ticinese è da sempre lombarda: dalla gastronomi­a ai dialetti, dalla cultura alla mentalità (sempre più politicame­nte peninsular­e!). In che cosa si differenzi­a, dunque, la piccola Repubblica cantontici­nese dalla vicina Lombardia? Forse nella speculazio­ne fondiaria? Nel degrado urbanistic­o? Nelle contaminaz­ioni mafiose? Nell’esorbitant­e costo della vita? Degli affitti? Delle casse malati e delle insostenib­ili imposizion­i fiscali? Ai posteri l’ardua sentenza. Gabriele Alberto Quadri,

Cagiallo Capriasca

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