Zimbabwe, Mugabe non molla
Il padre-padrone del Paese africano è stato invitato a lasciare dopo un golpe militare incruento
Da due giorni agli arresti domiciliari, il presidente non intende lasciare il potere. Il suo ex partito chiederà l’avvio dell’impeachment.
Lo Zimbabwe resta nel caos: alla fine di una giornata in cui sembrava che le dimissioni del presidente Mugabe fossero scontate, con tanto di convocazione di una diretta tv in serata per l’atteso annuncio, c’è stato un vero colpo di scena. Il vecchio dittatore ha spiazzato tutti. Pur rischiando l’impeachment, non solo non si è dimesso, ma ha annunciato che a dicembre presiederà il partito. Quel partito che ieri mattina aveva deciso di silurarlo, chiamando in campo il suo vice. Il quadro, che solo poche ore prima sembrava chiarito, è tornato nella completa incertezza, lasciando gli osservatori – a cominciare dai tanti reporter che hanno seguito il discorso in tv – incerti sulle prossime mosse. Mugabe, in 20 minuti di intervento in inglese, continuava a scompaginare i fogli del suo discorso che era stato preannunciato essere concordato con i dirigenti del partito, lo Zanu-Pf, e i militari. Tutti seduti con lui davanti alle telecamere. E ora ci si interroga se la mossa delle mancate dimissioni faccia parte o meno di un piano condiviso. Dalle prime dichiarazioni del leader dei veterani la strada sembra segnata: oggi partirà l’impeachment, ha detto confermando quanto si era ventilato alla vigilia. E cioè che se Mugabe non avesse accettato di dimettersi si sarebbe proceduto in questa direzione. Ma, a questo punto, nulla sembra essere chiaro. Da due giorni agli arresti domiciliari nella sua abitazione nella capitale Harare, il 93enne ‘dinosauro’ della politica africana ieri aveva ricevuto l’ultimatum del suo partito, dei militari e, in ultima analisi, anche della popolazione scesa in piazza per festeggiare la sua fine. Robert Mugabe deve dimettersi “entro domani a mezzogiorno, altrimenti verrà dato il via alle procedure di impeachment”, gli era stato detto ieri mattina dal partito di governo, lo Zanu-Pf. Il Comitato centrale dell’Unione nazionale africana di Zimbabwe-Fronte Patriottico inoltre non si era limitato a cacciare il vecchio capo di Stato, ma aveva anche espulso la moglie Grace e alcuni loro sostenitori fra i quali numerosi politici di alto livello vicini alla ormai ex first lady. Tra gli espulsi vi erano anche alcuni ministri. Tutte le decisioni prese dal Comitato centrale erano state accolte con grandi applausi e grida di giubilo dai circa 200 delegati presenti che alla fine, riferendosi a Robert Mugabe, avevano anche scandito più volte in coro: “Se ne deve andare”. Ed era già deciso il suo successore: il vicepresidente Emmerson Mnangagwa, da sempre al potere con Robert Mugabe ma da quest’ultimo silurato nei giorni scorsi per ‘far spazio’ alla moglie Grace e per questo riparato all’estero.