Borse europee tra razionalità e umori americani
A dispetto della diffusa convinzione che le azioni europee fossero migliori e più convenienti di quelle americane, le borse del Vecchio continente hanno ceduto di schianto il 4% nei primi 15 giorni di novembre, mentre Wall Street ha toccato nuovi record e su quei livelli s’aggira ancor oggi. A dire il vero è da metà maggio che i mercati europei segnano il passo, quantomeno rispetto alla borsa americana la cui crescita è stata un crescendo pressoché ininterrotto. Questa relativa debolezza, s’è detto, andrebbe individuata nel rafforzamento dell’euro che, difatti, ha cominciato a salire proprio in primavera. Lo stesso argomento s’è usato in questi giorni, vedendo la valuta recuperare da 1,15 sul dollaro fino a superare 1,18: se non fosse che il rafforzamento dell’euro è iniziato l’8 novembre, quando le borse europee erano in ribasso già da cinque sedute. Nel sostenere che le azioni dell’indice Stoxx sono meno care di quelle dell’S&P500 e si giovano di tassi d’interesse più bassi e di un’economia che cresce sorprendentemente a ritmi ancor più decisi di quella americana, gli investitori (per lo più europei) fanno un semplice esercizio razionale. Ma la ragione, così come i fondamentali dell’economia, spiega solo in parte i movimenti dei mercati, tanto più se è la psicologia a guidare gli investitori e di conseguenza a dettare la direzione dei flussi di denaro. E questi flussi dipendono sempre dall’umore dei grandi investitori d’Oltreoceano i quali, dopo lo slancio d’entusiasmo nei primi 4-5 mesi dell’anno, son tornati ad accarezzare le antiche diffidenze verso la politica e l’economia del Vecchio continente e dell’Eurozona in particolare. Non a caso, il sondaggio compilato qualche giorno fa da Bank of America sulle tendenze più popolari tra gli investitori assegna solo un 7% di preferenza alle azioni europee, quando la percentuale superava il 17% il mese scorso. Tuttavia non si tratta solo di un ondivago umore. I grandi gestori e operatori internazionali ragionano in dollari e non in euro o yen. Da inizio anno, l’indice Stoxx è salito del 6,5% (ma +15,4 il Mib di Piazza Affari) e il Nikkei di Tokio di un buon 17%, contro il 16% dell’S&P500: risultati piuttosto buoni in termini assoluti (...) Segue a pagina 22