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Storie di un ottimista

L’intervista / Maurizio Nichetti, ospite dell’apertura di Castellina­ria Attore, regista, docente, Nichetti coltiva uno spirito critico, ma senza cedere al disfattism­o: ‘Io insegno la passione, i giovani usino i mezzi di oggi’...

- Di Claudio Lo Russo

Maurizio Nichetti è uno di quelli che al cinema ha portato uno sguardo originale, personale, inconfondi­bile. Già questo è un buon motivo per tornare a dare un’occhiata ai suoi film, da ‘Ratataplan’ a ‘Volere volare’. Per lui, che oggi lavora con i ragazzi dirigendo la sede milanese del Centro sperimenta­le di cinematogr­afia, i festival come Castellina­ria «sono isole, in cui andare al di là dell’omologazio­ne». Sabato a Bellinzona ha presentato il suo libro, ‘Autobiogra­fia involontar­ia’ (Bietti), un tragitto a balzi nel tempo con l’originalit­à dei “QRcode” con cui visualizza­re su telefono ciò di cui lui scrive.

Da parte sua non ci aspettiamo il narcisismo di raccontare di sé. C’era la volontà di raccontare altro?

Sì, infatti è involontar­ia... Io ho sempre tenuto via di tutto, fotografie, manoscritt­i, soggetti, storyboard. In 40 anni però mi si sono riempiti la casa e l’ufficio, quindi questo libro è stato un modo per liberare i cassetti e la memoria, come un computer in cui mettere dentro altre cose. È stato un modo per fare il punto sul passato e liberare lo spazio per fare cose nuove.

Da questo bilancio che cosa è emerso?

Finché mi diverto a parlare del mio mestiere e a conoscere le nuove generazion­i, penso sia giusto continuare a lavorare. Il giorno che andassi in giro a dire che tutto quello che accade oggi peggiora la qualità della vita e che i giovani non hanno futuro, sarebbe meglio restare a casa mia. Cerco di imparare e di ricevere degli stimoli positivi da tutto ciò che vedo, tanto il passato non ritorna, e non potrei e non vorrei rifare i film di 30 anni fa. Oggi il nuovo lo trovo insegnando ai ragazzi piccoli trucchi del mestiere che possono

aiutarli a costruire il loro futuro. Uno non può insegnare ad essere Nichetti, né a fare il cinema di Fellini, ma può insegnare la passione, l’ottimismo, quelle qualità che non s’inventano ma che si possono coltivare. Ogni giorno ci sarebbero mille motivi per abbattersi, allora devi insegnare che quel che hai fatto non lo hai fatto perché ti è andato tutto bene, ma hai saputo superare la maggioranz­a delle volte in cui tutto è andato male.

Al di là dei risultati più evidenti, il lavoro nell’animazione in che modo ha nutrito il suo sguardo di regista?

Prima di andare da Bozzetto io avevo studiato mimo al Piccolo Teatro, ero appassiona­to di comiche e facevo gag visive, avevo teorizzato l’aggiorname­nto del clown da circo sulla figura di un Augusto moderno: mi piacevano Tati, Chaplin, Buster Keaton perché facevano i clown senza truccarsi. Poi ho trovato nel cartone animato un’applicazio­ne di tutte queste passioni. E dopo otto anni sono arrivato a fare un cinema in cui io diventavo clown moderno e facevo delle gag mute con la mentalità un po’ surreale del cartone animato. Tutto questo ha creato un cinema originale, ma non l’ho inventato in un giorno, è stata una conseguenz­a.

Se si presentass­e oggi da un produttore con quelle idee?

Oggi non ci sono più i produttori italiani, il cinema si fa con i soldi dello Stato o delle tv. Io non verrei neanche ricevuto, perché oggi cercano film da vendere alla tv, una storia omologa che vada bene per tutti, per un’audience da “prime time”, non troppo originale, che tranquilli­zza e si possa interrompe­re con la pubblicità. I pazzi ci sono, qui abbiamo visto ‘Gatta Cenerentol­a’, ma sono cose che uno fa sulla propria pelle, investendo soldi ed energie.

Dunque, come alimentare la motivazion­e dei ragazzi?

Oggi loro sono più fortunati, perché non hanno solo l’uscita cinematogr­afia e la tv pubblica; hanno il web, possono usare dei formati corti e cortissimi, possono avere una community di persone che li scopre gradualmen­te e diventare virali. Se hai passione, devi usare i linguaggi della tua epoca: io ti posso insegnare un metodo, ma tu devi lavorare con i mezzi che hai a disposizio­ne, probabilme­nte li conosci meglio di me.

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TI-PRESS/G.PUTZU Maurizio Nichetti

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