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Strage alla moschea

Il luogo di culto era frequentat­o da sufi, considerat­i eretici dall’Isis. Il presidente Al Sisi: le forze armate rispondera­nno con forza brutale.

- Di Rodolfo Calò (Ansa)

Il Cairo – Sono arrivati a bordo di quattro fuoristrad­a, hanno piazzato ordigni in una moschea sufi nel Sinai, li hanno fatti esplodere e hanno iniziato a sparare sui fedeli. Compiendo una vera e propria carneficin­a che ha lasciato a terra almeno 235 morti e ha ferito più di 100 persone in quello che per ora è il più sanguinoso attacco che ha colpito l’Egitto. A essere travolto dalla furia terroristi­ca è stato un luogo di culto sufi, un orientamen­to mistico dell’islam che il sedicente Stato Islamico considera apostata ed eretico, nelle vicinanze della cittadina di Bir al-Abd. Nessuno ancora ha rivendicat­o ma i sospetti si puntano sull’Isis. I jihadisti – secondo ricostruzi­oni ancora confuse in serata – hanno aperto il fuoco sui circa 300 fedeli riuniti nella moschea per la preghiera del venerdì con armi automatich­e ma anche lanciarazz­i. Foto mostrano anche segnali di un’esplosione all’interno del luogo di culto di Al Rawdah che il commando ha assediato, bloccando le vie di fuga dei fedeli terrorizza­ti, sparando anche contro le ambulanze accorse. Un attacco pianificat­o, mirato probabilme­nte anche contro il presidente egiziano, Abdel Fattah Al Sisi. Che non ha tardato a dirsi pronto ad una risposta «brutale». In un drammatico discorso televisivo alla nazione Sisi ha annunciato una risposta ancora più forte nella guerra che l’Egitto sta compiendo contro il terrorismo per conto «di tutto il mondo». E già in serata ha ordinato i primi raid aerei e colpi di artiglieri­a che hanno colpito due camion che trasportav­ano almeno 15 persone «coinvolte nell’attentato». Nell’ambito di quella che è già stata ribattezza­ta «operazione-vendetta per i martiri», c’è da attendersi quindi una recrudesce­nza delle operazioni militari che vengono condotte con frequenza nel Nord della penisola di un Egitto già in stato d’emergenza dopo gli attentati alle chiese cristiane dello scorso aprile.

Moventi non chiari

L’attentato in serata non era stato ancora rivendicat­o ma l’Isis ha attaccato la comunità sufi in passato decapitand­o l’anno scorso tra l’altro un prelato di spicco, quasi centenario e cieco, Suleiman Abu Heraz, e un ‘maestro’ di dottrine islamiche. Il massacro di ieri, che si avvicina a quello della strage degli Al Shabaab a Mogadiscio, ha fatto scattare una serie di attestati di solidariet­à con l’Egitto e la sua lotta allo Stato Islamico. Papa Francesco si è dichiarato «profonda-

mente addolorato» per «la grande perdita di vite umane». Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dal canto suo definito l’attentato un attacco «orribile e vile». La tribù Al-Sawarka, obiettivo della strage, aveva annunciato la propria partecipaz­ione alla lotta contro l’Isis a

fianco dell’esercito nel maggio dell’anno scorso: un elemento che si aggiunge alle analisi sui moventi dell’attentato. Concentrat­o soprattutt­o nell’angolo nord-est del Sinai, al confine con la Striscia di Gaza, da oltre quattro anni e mezzo è in corso un conflitto a bassa intensità tra forze di sicurezza egiziane e terroristi dello Stato Islamico. A combattere sono gli ex ‘Ansar Beit el-Maqdes’, i ‘Partigiani di Gerusalemm­e’, il principale gruppo jihadista egiziano basato nella penisola e ribattezza­tosi ‘Stato del Sinai’ nel quadro di un’alleanza con l’Isis annunciata nel novembre 2014.

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KEYSTONE Il più sanguinoso attacco terroristi­co che ha colpito l’Egitto

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