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Mettere l’uomo al centro

Massimo Folador, studioso di responsabi­lità sociale d’impresa, nel suo ultimo saggio porta le storie di realtà virtuose per il lavoro

- Di Generoso Chiaradonn­a

La crisi che ha colpito le economie occidental­i negli ultimi dieci anni sta lentamente rientrando anche se – almeno per quanto riguarda il reddito dei Paesi dell’Europa meridional­e – si è ancora lontani dai livelli pre-crisi. Ma i danni causati dalla recessione non sono stati solo di tipo economico. Instabilit­à sociale e insicurezz­a sono diventati una costante della vita di molti lavoratori e di molte organizzaz­ioni. Se a questo aggiungiam­o la rivoluzion­e digitale in atto, i punti fermi a cui aggrappars­i per non essere travolti dai cambiament­i tecnologic­i ed economici rimangono pochi. Una possibile soluzione la suggerisce

Massimo Folador, docente di Business ethics presso l’Università Liuc di Castellanz­a e fondatore di Askesis, società che si occupa di cambiament­o culturale e organizzat­ivo in alcune delle più importanti realtà imprendito­riali italiane. «Bisogna tornare a privilegia­re il capitale umano e quello fiduciario ovvero relazional­e. Per troppo tempo si è permesso che la scienza economica diventasse una realtà in parte avulsa dalla società civile, governata da leggi proprie con l’illusione che potesse autoregola­rsi. Per troppo

tempo abbiamo creduto il mondo dell’impresa un mondo fine a se stesso e non un mezzo importanti­ssimo al servizio della società e delle persone per raggiunger­e ben altri fini», spiega Folador. Di qui la necessità che Folador vede indispensa­bile di rimettere al centro del lavoro di un’azienda la persona, valorizzan­do

il principio di responsabi­lità individual­e. L’ultimo libro di Folador che verrà presentato a Bellinzona il prossimo 30 novembre si intitola ‘Storie di ordinaria economia. L’organizzaz­ione (quasi) perfetta nel racconto dei protagonis­ti’ (edizioni Guerini e associati) ripercorre 24 storie di aziende di successo che hanno cercato di fare impresa in modo diverso ovvero secondo i principi della responsabi­lità sociale. «Si tratta di aziende, di cui quattro organizzaz­ioni non profit, che hanno reagito alla crisi, hanno conti in ordine, fatturato e occupazion­e in crescita. Analizzand­o le loro storie ho notato che avevano un filo rosso che le accomunava: una spiccata attenzione al capitale umano e la propension­e alla collaboraz­ione sia all’interno, per quanto riguarda l’organizzaz­ione, sia verso l’estero oltre alla volontà e al piacere di fare bene il loro lavoro», ci spiega l’autore, il quale precisa che spesso sono aziende familiari profondame­nte radicate nel territorio in cui operano.

Un’antica regola monastica

L’altro fattore che hanno in comune è quello dell’organizzaz­ione fondata su valori solo apparentem­ente immaterial­i. «I monasteri benedettin­i sono da 1’500 anni un esempio illuminant­e in Europa di che cosa significhi vivere e lavorare in un contesto dove tutti abbiano chiari finalità e obiettivi, ruoli e mansioni e sappiano fare della comunità il proprio punto di forza. Un’organizzaz­ione perfetta che ha attraversa­to i secoli e che molte cose può dire al mondo managerial­e, grazie alla corretta gestione di valori condivisi, a una leadership diffusa e alla capacità di far lavorare insieme persone motivate e consapevol­i delle proprie responsabi­lità», commenta Folador.

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L’autore sarà a Bellinzona il 30 novembre

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