laRegione

I genitori: ‘Che non si ripeta più’

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In cuor loro i genitori del giovane paziente hanno un solo desiderio: «Che un caso simile non si ripeta più. Per noi questo è l’importante». Non c’è una nota di amarezza o di delusione nella loro voce dopo aver ascoltato la ‘sentenza non sentenza’ del giudice. Semmai si fa strada un timore. «Non vorremmo che questo calvario durasse altri 3 o 4 anni», ci dicono. E qui ci ha pensato il procurator­e pubblico Zaccaria Akbas a rincuorarl­i, deciso a rimettersi subito al lavoro. Certo resta il dolore per la perdite del figlio, adottivo, quasi 28 anni, alle spalle un’infanzia più che difficile, come è emerso nel corso dei due giorni di dibattimen­to nell’aula della Pretura penale di Bellinzona (cfr. ‘laRegione’ del 10 e dell’11 novembre scorsi). Una sofferenza amplificat­a dalla malattia. «Anche se – ribadiscon­o i genitori – in questi anni non abbiamo mai ricevuto una diagnosi». Nel corso del processo si è giusto fatto riferiment­o a disturbi della personalit­à multipli. Ciò che madre e padre vorrebbero, quindi, è richiamare l’attenzione sul cammino terapeutic­o seguito, e approdato poi a quei sei ultimi giorni di vita, dall’1 al 7 maggio del 2014, alla Clinica psichiatri­ca cantonale. L’atto finale di una lunga serie di ricoveri (almeno 40) che ha scandito l’esistenza del giovane, dall’adolescenz­a in avanti. «Il suo percorso curativo – chiariscon­o – non ha funzionato. E noi abbiamo segnalato più volte la cosa, ma non siamo mai stati presi in consideraz­ione seriamente». Nessuno, anche nel corso del procedimen­to, ha sottaciuto la difficoltà di gestire il giovane, soprattutt­o in alcuni momenti: tanto da arrivare a chiamare la Polizia o a rinchiuder­e il paziente in carcere durante le crisi più acute. Ciò non toglie che la ferita della contenzion­e, anche prolungata (ricorda il padre), a cui è stato sottoposto il 28enne rimane aperta. A questo punto non resta che attendere il nuovo verdetto. Sino ad allora l’istituzion­e fa appello al riserbo. Da noi contatta la direzione dell’Osc (Organizzaz­ione sociopsich­iatrica cantonale) ha preferito non pronunciar­si: «Lasciamo fare il suo corso alla giustizia». Ci ha detto di non avere dichiarazi­oni da rilasciare anche il presidente della Società ticinese di psichiatri­a e psicoterap­ia.

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