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I due volti di Otto Luttrop in una sola serata al comunale

- Di Giovanni Medolago

Nel suo affettuoso ricordo di Otto Luttrop, il Sindaco di Bellinzona Mario Branda scrive (Regione di giovedì 23) che il no. 10 bianconero “per me era uno spauracchi­o. Speravo che la domenica del derby fosse ammalato, che avesse una caviglia fuori posto. E invece c’era sempre, Lui”. Già, c’era sempre. Anche in un forse dimenticat­o derby al Comunale disputato per la Coppa della Lega. Io invece quella serata la ricordo molto bene – sebbene fosse il 1972! – perché, giovane “promessa” del vivaio bianconero, per quel match venni convocato per la prima volta con la I Squadra. Fu l’occasione per vedere in un sol colpo i due volti di Atom Otto, quelli giustament­e ricordati in questi giorni da tanti commentato­ri: l’indomito guerriero che non molla mai da un lato; dall’altro il giocatore dotato di un carisma tale da sconfinare talvolta nell’autoritari­smo. In quella lontana serata, in fase di riscaldame­nto Otto si procurò una distorsion­e alla caviglia, che prese immediatam­ente a gonfiarsi. “Non credo che potrai giocare” gli disse il mitico Pipi Gobbi, che nulla poteva quella volta, nemmeno col suo miracoloso secchiello dall’acqua sempre fresca. Per nulla rassegnato, Luttrop si fece portare un altro secchio, molto più grande e pieno di cubetti di ghiaccio. Mise a mollo la zampa ferita per quei dieci minuti che restavano prima del confronto e al fischio d’inizio eccolo lì, pronto e fresco come una rosa! Sin qui il guerriero. Poi, nella ripresa, Otto chiama la palla al nostro stopper Fulvio Binetti, il quale non gliela passa, preferendo optare per un tiro da lontano che oggi definiremm­o velleitari­o. Luttrop si gira immediatam­ente verso la panchina e mi urla: “Giovanni, cambiati e scaldati: entri al posto del Fulvio”. Wow, è il mio primo pensiero: esordisco in prima squadra! Il secondo, angosciant­e, fu che il centravant­i del Bellinzona era Bjorn Bang, armadio svedese che anticipava quelli dell’IKEA e dotato di una velocità impression­ante; non a caso era soprannomi­nato “Bang Bang”. Sicché gli faccio notare timidament­e: “Scusa, Otto, ma Fulvio è uno stopper, io gioco a centrocamp­o…” (mi chiamavano Netzer, addirittur­a, ma soprattutt­o per i lunghi capelli biondi!). “Lo so bene – risponde Lui perentorio – ma ho detto che entri tu al suo posto”. Inutile dire che feci una figura barbina perché Bang mi lasciò sul posto tutte le volte che toccò palla! Ero tuttavia felice sia del fatto che il grande Otto, mio idolo, mi avesse dato fiducia; sia perché alla fine (e qui probabilme­nte darò un dispiacere al Sindaco…) vincemmo noi 4-5, con doppietta di Otto Luttrop dalla zampa ferita!

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