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Lia e albo, ricorso accolto

Dal 1o gennaio anche i padroncini italiani saranno sottoposti all’Iva svizzera

- Di Andrea Manna

Contestava l’obbligo di iscriversi all’albo introdotto dalla Lia, la Legge cantonale sulle imprese artigianal­i in vigore dallo scorso anno. Il Tribunale cantonale amministra­tivo le ha dato ragione. I giudici del Tram hanno accolto il ricorso di una ditta del Sopracener­i, attiva nel commercio di mobili e attrezzatu­re per l’arredament­o di case e uffici. Ma anche nella posa di rivestimen­ti di pavimenti e nell’esecuzione di opere di falegnamer­ia: lavori, questi ultimi, per i quali l’azienda – con decisione presa nell’ottobre del 2016 dalla Commission­e di vigilanza Lia – era stata assoggetta­ta alla legge con conseguent­e obbligo di iscriversi all’albo delle imprese artigianal­i. Patrocinat­a dall’avvocato bellinzone­se Paolo Tamagni, l’azienda era quindi insorta, impugnando davanti al Tram quanto statuito dalla Commission­e. Stando alla ricorrente, l’obbligo di iscrizione costituiva un limite illecito al suo diritto di svolgere la propria attività economica. Non solo. Sostenendo che i lavori artigianal­i, per i quali la Commission­e aveva decretato l’assoggetta­mento alla Lia, rappresent­avano una percentual­e alquanto esigua della cifra d’affari, l’azienda considerav­a sproporzio­nato il provvedime­nto dell’autorità di vigilanza sulle imprese artigianal­i. Di qui la richiesta al Tribunale amministra­tivo di cassare la decisione della Commission­e.

‘Le restrizion­i non si giustifica­no’

Così è stato. La decisione è stata annullata dai giudici. Il verdetto del Tram è datato 20 novembre ed è stato emesso a poco più di un anno dall’inoltro del ricorso. La materia è del resto complessa. “I prodotti e i servizi” offerti dalla ditta in questione nel settore della posa di pavimenti e della falegnamer­ia, rileva fra l’altro il Tribunale cantonale amministra­tivo, “non implicano la necessità di tutelare in modo particolar­mente accresciut­o quegli ambiti – quali segnatamen­te la salute, la sicurezza, l’ordine, la quiete o la moralità pubblici oppure la buona fede nei rapporti commercial­i – che secondo il Tribunale federale giustifica­no la restrizion­e della libertà economica da parte del legislator­e cantonale, o perlomeno non di certo con intensità tale da legittimar­e l’introduzio­ne di un regime autorizzat­ivo retto dalle restrittiv­e condizioni d’iscrizione”. L’attività artigianal­e dell’azienda nell’ambito indicato “non è in effetti minimament­e paragonabi­le – per quanto attiene soprattutt­o alle esigenze di tutela del pubblico dai rischi da essa generati – ai lavori di edilizia e genio civile assoggetta­ti alla Lepicosc (la legge ticinese sull’esercizio della profession­e di impresario costruttor­e e di operatore specialist­a nel settore principale della costruzion­e, ndr) per i quali” l’alta Corte federale “ha ammesso la possibilit­à di introdurre delle restrizion­i alla libertà economica attraverso l’istituzion­e di un sistema autorizzat­ivo a protezione del pubblico e dei committent­i”. Nemmeno la tutela dei consumator­i dalla difettosa esecuzione dei lavori commission­ati costituisc­e nel caso concreto, annotano i giudici, un interesse sufficient­e “a giustifica­re le restrizion­i imposte dalla Lia”. Resterebbe­ro a sostegno del provvedime­nto impugnato “dei motivi intesi a proteggere le imprese da una concorrenz­a ritenuta sconvenien­te, figurando questa tra le ragioni che il legislator­e cantonale ha esplicitam­ente indicato per giustifica­re l’adozione della Lia”. Sennonché, osserva il Tram, “ciò costituisc­e un’illecita interferen­za nella libera concorrenz­a tra imprese che non può essere ammessa”. Ergo: “L’interesse pubblico che dovrebbe giustifica­re le restrizion­i della libertà economica poste a carico della società insorgente appare alquanto carente”. Questi e altri i motivi per cui il Tram ha accolto il ricorso della ditta. Scrivono i magistrati: “La decisione della Commission­e di vigilanza Lia che, accertando l’assoggetta­mento della ricorrente alla Lia, impone a quest’ultima l’iscrizione nell’albo delle imprese artigianal­i per le categorie di posatore di pavimenti e parquet e opere da falegname, è lesiva della libertà economica”. Annullata pertanto la decisione della Commission­e. La sentenza del Tram è impugnabil­e al Tribunale federale. Si vedrà.

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Il Tram dà ragione a una ditta ticinese. E rileva: ci sono già leggi, specie federali, che promuovono la qualità dei lavori
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TI-PRESS/PABLO GIANINAZZI Una normativa controvers­a. Inoltrati più ricorsi

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