Il sereno dopo la trasfigurazione
La seconda produzione di danza di LuganoInScena ha proposto due brani musicalmente eterogenei che la coreografa Cristina Kristal Rizzo ha reso con due approcci molto diversi, dividendo il pubblico
Da una parte, il tardoromanticismo ormai esausto di un giovane Arnold Schönberg che già si affaccia al Novecento; dall’altra, un Cajkovskij che percorre la via di un romanticismo terso e lineare che guarda al Settecento e in particolare a Mozart. La ‘Notte trasfigurata’ (Verklärte Nacht) di Schönberg e la Serenata in do maggiore di Cajkovskij sono le due composizioni – cronologicamente vicine, stilisticamente molto lontane – che LuganoInScena ha voluto portare sul palco del Lac in ‘VN Serenade’ (VN sta per ‘Verklärte Nacht’) in prima internazionale sabato scorso. Si tratta della seconda esperienza nel campo della danza dopo la fortunata produzione del marzo dell’anno scorso, su musiche di Debussy e Stravinskij, con la Compagnia Virgilio Sieni. Per ‘VN Serenade’ ci si è affidati alla coreografa Cristina Kristal Rizzo di Firenze ma formatasi alla Martha Graham School of Contemporary Dance di New York. Merito indubbio di Rizzo è l’esser riuscita a tradurre fedelmente in movimenti lo spirito dei due brani, iniziando con una coreografia innovativa per Schönberg e proseguendo, per Cajkovskij, con un lavoro più ‘classico’, pur rimanendo nel campo della danza contemporanea, riprendendo in particolare il balletto originale creato da George Balanchine nel 1934 per la Scuola dell’American Ballet. Due coreografie eterogenee che, come forse era prevedibile, hanno diviso il numeroso pubblico presente: uscendo dalla sala abbiamo sentito più di uno spettatore deluso per non dire annoiato dal primo lavoro e invece affascinato dal secondo; l’esatto contrario degli appassionati di danza con cui abbiamo discusso dopo lo spettacolo e che hanno trovato intrigante e audace la prima parte e prevedibile la seconda.
Le due coreografie rappresentavano una il dionisiaco (Schönberg) e l’altra l’apollineo (Cajkovskij)
Ora, senza voler cadere nelle trappole dei facili pregiudizi sul ‘pubblico incolto’ o sull’arte per pochi eletti, è indubbio che si è trattato di uno spettacolo a due velocità. Per ‘Verklärte Nacht’ sul palco non vi erano quasi mai più di due ballerini, mentre la ‘Serenata’ presentava coreografie più corali con tutti e 11 i danzatori in scena; per Schönberg si è dato spazio a una danza viscerale ed
emotiva, quasi brutale in alcuni punti, per Cajkovskij invece i movimenti erano più strutturati e armoniosi (e sottolineavano meglio i momenti musicali); nella prima parte le luci erano quasi fisse e verticali, salvo una lama ambrata aprirsi proprio sul finale, mentre nella seconda parte si sono arricchite
di colori e movimento… Volendo buttarla sul filosofico, le due coreografie rappresentavano una il dionisiaco (Schönberg) e l’altra l’apollineo (Cajkovskij): comprensibile, quindi, che chi abbia apprezzato una parte abbia poi trovato l’altra meno convincente. Curiosi i costumi: larghi abiti disegnati da Laura Dondoli gradevoli a vedersi anche se, a volte, tendevano a nascondere i movimenti del corpo. Ottima prova, infine, dell’Orchestra della Svizzera italiana diretta dall’australiano Nicholas Milton che, seminascosta nella fossa, ha reso in maniera magistrale le atmosfere dei due brani.