laRegione

La Posta, la politica, il servizio pubblico

- Di Abbondio Adobati, già membro del Gran Consiglio

Quando con la Costituzio­ne del 1848 nacque la Svizzera moderna, si nazionaliz­zò la Posta così da farne un servizio pubblico, conforme allo spirito del nostro federalism­o. Per decenni e decenni, la Posta garantì prestazion­i equivalent­i in ogni regione e luogo del Paese, contribuen­do, forse più di qualsiasi altra realtà, a consolidar­e sul territorio i valori nazionali. La Posta fu esempio di efficienza, di concordanz­a, di solidariet­à, di unitarietà di servizio. Seppe essere datore di lavoro esemplare. La nostra Posta si guadagnò stima e prestigio immensi. Poi sul finire del secolo scorso, neppure la Posta svizzera scampò ai travolgent­i vortici delle nuove teorie economiche, tant’è che la politica le impose di agire né più né meno come qualsiasi altra azienda di mercato. Posta svizzera non se lo fece dire due volte e tirò fuori ogni sorta di processi di razionaliz­zazione, di incremento della produttivi­tà, di voglia di realizzare utili. Fra le prime mosse, i massimi dirigenti dell’ex Regia diventata azienda si moltiplica­rono le retribuzio­ni. Il sindacato rimase da solo a contrastar­e la nuova filosofia della Posta. Lo fece con grande impegno ma la lotta risultò impari. Adesso però di qualcosa s’è accorta anche la popolazion­e. Si chiudono uffici, si riducono i tempi agli addetti alla distribuzi­one, si precarizza­no i rapporti d’impiego, si impongono al personale “obiettivi” che tolgono il sonno. La popolazion­e chiama in causa i comuni, i cantoni, le deputazion­i alle Camere federali. Da parte sua il Consiglio federale ha sempre fatto orecchie da mercante, fintanto che lo scorso 20 settembre davanti al Consiglio degli Stati, la ministra Doris Leuthard ha detto che i tempi sono cambiati, che insomma occorre essere realisti e che non si può pretendere che in ogni villaggio ci sia un dentista, un panettiere, una banca, una bottega, un ufficio postale. La Camera dei Cantoni non le ha dato retta e con 31 sì, 5 no e 6 astenuti ha approvato una mozione della sua Commission­e delle telecomuni­cazioni che chiede di ridefinire la pianificaz­ione della rete postale. Lo scorso 17 ottobre anche la Commission­e delle telecomuni­cazioni del Consiglio nazionale ha deciso di raccomanda­re al plenum l’approvazio­ne della mozione fatta propria dal Consiglio degli Stati. La mozione oltre che chiedere al Governo di intervenir­e presso la Posta, vuole che il Consiglio federale presenti entro un anno una proposta di revisione dei criteri che definiscon­o il servizio pubblico contenuti nella legge sulle poste. Di servizio pubblico se ne sta parlando e non solo per quanto tocca la Posta. Ecco perché è da attendere con particolar­e interesse quanto avrà da dire il Consiglio federale su una questione, quella del servizio pubblico, di fondamenta­le importanza per il bene collettivo.

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