Se tremila vi sembrano pochi
Il numero delle vittime è inferiore a quello degli anni precedenti, ma solo per il calo delle traversate ‘grazie’ agli accordi con la Libia
L’Organizzazione mondiale delle migrazioni aggiorna il bilancio dei morti nel Mediterraneo
Ginevra – Sono già oltre tremila i migranti morti nel Mediterraneo dall’inizio del 2017, mentre tentavano di raggiungere l’Europa via mare. Il dato è stato aggiornato ieri dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), alla vigilia dell’incontro in Costa d’Avorio tra Unione europea e Unione africana per concordare un piano di rilancio dell’economia nei Paesi d’origine e transito, pomposamente ribattezzato “Piano Marshall per l’Africa”. Niente di più di uno slogan, per ora, la versione rispettabile dell’equivoco “aiutiamoli a casa loro” predicato dalle destre nazionaliste europee quando sono di luna buona. Nel Mediterraneo, dunque, si continua a morire. La media aggiornata al 26 novembre è di quasi dieci vittime al giorno, ha sottolineato a Ginevra l’agenzia dell’Onu per la migrazione, precisando che la soglia delle tremila vittime è stata superata per il quarto anno consecutivo. Dall’inizio dell’anno, 163’979 migranti e rifugiati sono giunti in Europa e 3’033 sono morti. Dalla tragedia di Lampedusa dell’ottobre 2013 – costata la vita a 360 persone – i migranti morti nel Mediterraneo sono stati oltre quindicimila. Il numero dei morti di quest’anno è per ora inferiore a quello del 2016 (oltre 4’900) e del 2015 (3’800 circa). Ma sono cifre comunque elevatissime, se si considera che è nettamente diminuito il numero degli sbarchi e delle partenze da quando sono stati negoziati accordi con le autorità libiche per “gestire i flussi”. Se dunque diminuiscono le morti nel Mediterraneo è soprattutto perché i migranti non riescono più a prendere il mare. Anche ammesso che possa risultare consolante, è allora necessario ricondurre il “calo” a poco più di tremila degli annegamenti a quella sorta di delocalizzazione del problema, in Libia appunto, che a sua volta ha generato l’infamia dei campi di detenzione in cui sono costretti a languire e a subire violenze i migranti bloccati. Questi sì un “uccidiamoli a casa loro”, affidandone l’onere ai volonterosi carnefici locali. Anche per questo, ha rilevato il direttore generale dell’Oim William Lacy Swing, «non è più sufficiente stilare queste tragiche statistiche, dobbiamo anche agire», ricordando che ai morti in mare si aggiungono quelli nei centri di detenzione libici e lo scandalo del mercato degli schiavi. Per l’Oim, ha aggiunto, è arrivato il momento di «porre fine a queste pratiche e gestire la migrazione in modo regolare e sicuro per tutti». E cos’altro poteva dire?