Parola d’artista
Incontro con Pierre Casè: il suo ‘Bestiario’, la responsabilità degli intellettuali, i dubbi su Casa Rusca Il pittore e cultore dice la sua, dal ruolo degli artisti alle mucche senza corna, fino alle anomalie attorno alla ‘sua’ Casa Rusca... Per una quest
«Io come artista cosa posso dire?». Pierre Casè, classe 1944, è di quelli che ancora credono a un ruolo attivo della cultura, incisivo, se non nel dare risposte almeno nel porre interrogativi. Nel suo atelier di Maggia, si tiene fedele alla sua disciplina di «combattente»: ogni giorno al lavoro, nonostante le difficoltà portate dall’età e dai malanni che hanno aggredito i suoi occhi e le sue mani, «perché un male del nostro tempo è che alla prima difficoltà ci si arrende». Che cosa posso dire? Se lo chiede l’artista, osservando le storture e le piccole o grandi assurdità che lo circondano, ma pure il mediatore culturale che alla divulgazione dell’arte ha dedicato una pagina importante della propria vita, con «passione e onestà». È questa attitudine ad aver suggerito a Pierre Casè il lavoro attorno alla sua ultima mostra, ‘Bestiario’, ospitata dai Magazzini del Sale a Venezia nella scorsa primavera. Come scrive nella lettera ai nipoti contenuta nel catalogo, Casè è tornato alle realtà della sua terra travolte dal tempo, ai suoi animali e ai suoi materiali: legno, chiodi, fil di ferro, cera, rame, catrame... Per la prima volta il “maestro del colore” ha abbandonato i colori, concentrandosi sugli oggetti. Ne è uscito un ‘Bestiario’ – vacche, capre, api, uomini – che osserva con ironia e amarezza il tempo in cui la legge del profitto ha privato pure le vacche delle loro corna. Alle fascinose composizioni di Casè concorrono pure teschi animali e umani... Umani? «Tutto legale, ma non si dice dove. Di certo è stato più difficile trovare quelli animali»... Dopo Venezia si vedrà anche in Ticino? «Temo di no», risponde Casè con una lucina allusiva negli occhi.
Le domande su Casa Rusca
Gli intellettuali? «Non hanno capito che per farli tacere sono stati inglobati nella nostra società». Casè non si tira indietro di fronte alle proprie responsabilità, soprattutto quando ha qualcosa da dire su ciò che lo riguarda. Fra queste c’è Casa Rusca, al cui rilancio ha contribuito la sua direzione negli anni 90: «Non posso tacere, questi sarebbero anche i 30 anni dall’apertura. Ma nessuno si chiede perché il museo è chiuso nel momento di maggiore affluenza? Perché non si fa niente per l’anniversario? Perché la mostra su Sandro Chia è caduta nel silenzio?». Casè ci mostra l’invito recapitatogli dal Municipio di Locarno a fine giugno, in cui si annunciava per metà settembre l’esposizione sul maestro della Transavanguardia. A pochi giorni dall’apertura, però, una lettera del sindaco gli comunica che, “a causa di necessari interventi di sistemazione dello stabile”, l’appuntamento è annullato. Come, si chiede l’artista, a un niente dall’apertura di una mostra internazionale si scopre la necessità di lavori allo stabile? Quali lavori? «Nessuno sta dicendo la verità. E il sindaco quella lettera poteva risparmiarla a uno che ha dedicato dieci anni di vita a tenere alta la reputazione di Casa Rusca».