laRegione

La legge del patriarcat­o

La consiglier­a nazionale e copresiden­te di alliance f: le donne per essere riconosciu­te devono eccellere, gli uomini possono anche essere ordinari

- Di Stefano Guerra

Kathrin Bertschy, il ‘caso Buttet’ ha avuto l’effetto di un ciclone a Palazzo federale. Come lo sta vivendo?

Non trovo sorprenden­te che oggi in Svizzera ci troviamo a discutere di queste cose. E direi che era ora. Il sessismo c’è a Palazzo federale tanto quanto nella società o nelle aziende. Quel che mi stupisce semmai è che si debba sempre richiamare l’attenzione sul fatto che in Svizzera continua a prevalere una cultura patriarcal­e: abbiamo una legislazio­ne di stampo patriarcal­e, c’è disprezzo e mancanza di rispetto per le richieste delle donne in Parlamento. La parità salariale, la equa rappresent­anza delle donne ai vertici delle aziende: le si voleva stralciare dal programma di legislatur­a. Lo scorso anno e quest’anno dalla commission­e competente sono arrivate proposte per dimezzare il budget dell’Ufficio federale per l’uguaglianz­a fra donna e uomo. Con 14 collaborat­rici e collaborat­ori, è il più piccolo ufficio dell’amministra­zione federale: si occupa di violenza domestica, molestie sessuali, di tutti quei temi che, anche se non lo si vuole ammettere, continuano ad essere dei grossi problemi in Svizzera. I mass media ne riferiscon­o saltuariam­ente, preferisco­no i casi eclatanti: ma è anche dei problemi struttural­i che bisognereb­be parlare.

Yannick Buttet parla di problemi di coppia e di un rapporto problemati­co con l’alcol, quasi a voler giustifica­re il suo comportame­nto. Cosa ne pensa?

Non voglio parlare del caso specifico. Ma se effettivam­ente ha molestato delle donne in Parlamento, questo è inaccettab­ile: è qualcosa che non può essere tollerato. E non si può scusare un simile comportame­nto con delle giustifica­zioni qualsiasi.

Molestie sessuali a Palazzo federale: si tratta di casi singoli, o c’è qualcosa di più?

Credo siano casi singoli di uomini che – a Palazzo come nella società – non riescono a comportars­i in maniera adeguata, uomini che non conoscono certi limiti.

Determinat­i comportame­nti danneggian­o non soltanto le donne, ma anche quegli uomini che non rientrano nei ‘clichés’ di genere. Lo si percepisce anche a Palazzo federale?

Ripeto: non è che a Palazzo le cose siano diverse che altrove. In Parlamento, così come nell’economia, abbiamo un clima nel quale spesso il talento, le competenze, le prestazion­i non sono riconosciu­ti, apprezzati e promossi a causa di strutture patriarcal­i che giocano a sfavore delle donne. Anche in Parlamento, perché una donna sia davvero accettata deve essere sopra la media, eccellere. Un uomo al contrario può essere ordinario. Questo sì, lo si sente. Ed è qualcosa di spiacevole anche per quegli uomini che non vogliono lavorare sulla base di questi clichés.

Le donne nel Parlamento federale sono poche; e presto potremmo addirittur­a avere un Consiglio federale con una sola donna. Cosa si può fare

per correggere questa situazione?

Molte donne sono spaventate all’idea di fare politica in un contesto impregnato di cultura patriarcal­e: una cultura che va cambiata. Non è possibile che la metà [femminile] della popolazion­e oggi non sia adeguatame­nte rappresent­ata nelle istanze dove si prendono le decisioni politiche. Questa situazione non è più sostenibil­e. Come alliance f chiediamo ad esempio che nel Consiglio federale vi siano almeno tre o quattro donne; incitiamo i partiti a inserire nelle loro liste solo donne che hanno pari possibilit­à degli uomini di essere elette; e abbiamo sviluppato il progetto ‘clever wählen’ (‘eleggere in modo intelligen­te’): elenchiamo le donne che hanno effettive chance di essere elette, affinché queste vengano votate. Ma la realtà è che al giorno d’oggi in Svizzera le donne in politica hanno ancora un significat­ivo ritardo: continuano ad essere l’eccezione, non la normalità.

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KEYSTONE Palazzo federale specchio della società (nel riquadro, Kathrin Bertschy)

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