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Morti i membri dell’equipaggio

Sono svanite le speranze di trovare vivi i 44 marinai imbarcati sul sommergibi­le San Juan La Marina argentina ha annunciato l’interruzio­ne delle ricerche nell’Atlantico meridional­e. I familiari reclamano almeno i corpi.

- Ansa/Red

È ormai svanita ogni speranza: “Non c’è più possibilit­à di trovare vivi i 44 membri dell’equipaggio” del sottomarin­o San Juan, scomparso ormai da oltre due settimane. L’annuncio della Marina Argentina che ha fatto sapere di interrompe­re le ricerche per tentare di salvare gli uomini e le donne a bordo proseguend­o nelle operazioni per cercare di individuar­e il relitto, ha gettato nella disperazio­ne e nella rabbia i familiari. E ora rivendican­o “almeno i corpi” dei loro congiunti morti, forse, per intossicaz­ione da idrogeno in pochi minuti. È difficile sapere con certezza quale sia stato il destino dei 44 imbarcati nel sommergibi­le. Ma secondo il capitano in ritiro Horacio Tobias, il San Juan è collassato a seguito “di una scarica elettrica non controllat­a” provocata dall’entrata d’acqua attraverso lo snorkel (la presa d’aria che in immersione alimenta i motori Diesel, ndr) del sommergibi­le. Questo – ha spiegato Tobias al quotidiano argentino ‘Clarin’ – ha provocato l’esplosione e la morte, “in due minuti”, di gran parte dell’equipaggio a causa dell’intossicaz­ione. L’ultimo messaggio lanciato dall’unità riferiva “dell’entrata dell’acqua e che le batterie erano andate in corto e si era sviluppato un incendio”. Poco dopo i sismografi oceanograf­ici nell’Atlantico meridional­e hanno registrato una potente deflagrazi­one: si ipotizza o l’implosione del sottomarin­o per un cedimento struttural­e a grandi profondità o l’esplosione dei siluri. In entrambi i casi, il destino dell’equipaggio, di cui faceva parte anche un primo sottuffici­ale donna, è segnato. Nel consueto incontro con la stampa, il portavoce Enrique Balbi ha confermato che “ieri è finita la fase di ricerca e soccorso”, visto che il tempo trascorso nelle perlustraz­ione del mare indica “un’incompatib­ilità con la vita umana”.

Nessuna traccia del naufragio

Il portavoce della Marina ha sottolinea­to che nella ricerca “si è già superato il doppio del tempo previsto dai protocolli internazio­nali per salvare l’equipaggio di un sottomarin­o”. Balbi ha spiegato che a due settimane dall’ultimo contatto del sottomarin­o con il comando operativo di Mar del Plata, la base verso la quale si dirigeva, e dopo aver setacciato miglia e miglia marittime con una task force navale e aerea internazio­nale, “non è stata trovata alcuna prova del naufragio nell’area esplorata, né si è segnalato alcun contatto con il sottomarin­o o le sue scialuppe di salvataggi­o”. Quello che si cerca ora è il sottomarin­o, ha aggiunto Balbi, sottolinea­ndo poi quella che è la principale novità di queste

Scomparso dai sonar due settimane fa

ore, e cioè “sei contatti” fatti tramite sonar e altre apparecchi­ature dalle diverse navi che setacciano l’oceano con relitti che si trovano nei fondali. “Due di loro sono stati esclusi”, trattandos­i di imbarcazio­ni affondate e identifica­te tempo fa (una delle quali un pescherecc­io cinese), mentre per le altre quattro bisognerà attendere ulteriori accertamen­ti tecnici. In altre parole, si passerà “alle ispezioni visive che nei prossimi giorni saranno fatte da parte di mezzi Usa e russi, tramite riflettori e illuminazi­one per verificare se si tratti di qualcosa di metallico” che potrebbe essere appunto il San Juan. “Vogliamo i corpi dei nostri cari, devono continuare a cercarli, c’è ancora qualche speranza. Loro li hanno mandati in mare, ora ce li devono riportare...”, hanno sottolinea­to ai media, tra pianti e urla, alcuni dei familiari: ‘loro’ sono appunto la Marina e il governo argentino, in particolar­e il ministero della difesa.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE

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