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Russiagate, Michael Flynn ammette le bugie all’Fbi

- ANSA

Washington – Ora Donald Trump trema davvero. Il Russiagate rischia di travolgerl­o, a quasi un anno dal suo insediamen­to alla Casa Bianca. E il presidente americano viene descritto in queste ore come un leone in gabbia, frustrato ma anche furibondo, incontenib­ile nei suoi scatti d’ira, tenuto a bada a stento dai suoi più stretti collaborat­ori che temono ‘uscite’ poco ortodosse su Twitter o con i giornalist­i che assediano la West Wing. La svolta sul fronte delle indagini era attesa da giorni: Michael Flynn ha deciso di patteggiar­e e davanti al giudice si è dichiarato colpevole, ammettendo di aver mentito all’Fbi su due incontri avuti con l’ex ambasciato­re russo a Washington, Sergei Kislyak, lo scorso dicembre. Ma quel che più preoccupa la Casa Bianca è che l’ex consiglier­e per la sicurezza nazionale si sarebbe detto pronto a testimonia­re contro il presidente. E secondo alcune fonti avrebbe già spiegato agli investigat­ori che l’incarico di contattare il diplomatic­o moscovita arrivò direttamen­te da alcuni responsabi­li della squadra di Trump, durante il periodo di transizion­e dalla presidenza Obama. Così l’ex generale Flynn – che rischia fino a cinque anni di carcere – da uno degli uomini più fidati di The Donald si è trasformat­o nel suo peggiore incubo. È la quarta persona a essere incriminat­a nell’ambito del Russiagate, ma la prima ad aver ricoperto un ruolo della massima importanza alla Casa Bianca. E dietro la sua potrebbero presto cadere altre teste all’interno dell’inner circle del tycoon: prima fra tutti quella del genero Jared Kushner, da tempo indagato. E poi anche quella di Donald Junior. Sia il marito di Ivanka che il figlio maggiore di Trump sono coinvolti anche negli incontri tra Flynn e l’ambasciato­re Kislyak. Sono due gli episodi su cui Flynn ha ammesso di aver mentito all’Fbi lo scorso gennaio. Nel primo incontro con il diplomatic­o russo l’ex consiglier­e per la sicurezza nazionale avrebbe fatto pressioni perché Mosca aiutasse gli Usa e Israele ad ‘uccidere’ in Consiglio di sicurezza una risoluzion­e di condanna degli insediamen­ti in territorio palestines­e. Sarebbe stato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a chiedere a Trump di fare un’azione di lobby presso il Cremlino. Nella seconda conversazi­one finita nel mirino del procurator­e speciale Robert Mueller, Flynn avrebbe invece discusso con l’ambasciato­re Kislyak delle sanzioni americane a Mosca. In particolar­e avrebbe chiesto di evitare una escalation nei rapporti con Washington dopo le misure annunciate dalla amministra­zione Obama, volte a punire la Russia per le interferen­ze sulle elezioni presidenzi­ali americane. La Casa Bianca getta acqua sul fuoco: il caso Flynn riguarda solo lo lui e nessun’altra persona è coinvolta, assicura un portavoce.

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