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Rifiutò la chemio, prosciolti i genitori della Bottaro

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Prosciolti perché il fatto non costituisc­e reato. Dopo le parole del giudice – scrive il ‘Corriere del Veneto’ – si sono lasciati andare a un pianto e a un forte abbraccio Lino Bottaro e Rita Benini, genitori di Eleonora, la 17enne padovana deceduta per un tumore il 28 agosto del 2016. I due erano indagati dalla Procura di Padova per aver negato le cure alla figlia. La ragazza, studentess­a dell’istituto agrario, era stata colpita dalla malattia all’inizio dello scorso anno. I medici avevano prescritto cicli di chemiotera­pia ma i genitori si erano rifiutati e avevano firmato le dimissioni dall’ospedale della figlia, all’epoca minorenne.

Allo Iosi per alcune settimane

Insieme si erano rivolti anche all’Istituto oncologico della Svizzera italiana, a Bellinzona, dove però le era stato spiegato che una guarigione sarebbe stata possibile solo attraverso la medesima cura prospettat­ale in Italia e da loro rifiutata. L’Ente ospedalier­o cantonale in una nota annotava come la paziente sia “rimasta vittima di credenze che ancora oggi purtroppo riescono a mietere vittime quando invece esistono cure riconosciu­te internazio­nalmente e applicate sia in Italia sia in Svizzera”. Successiva­mente la ragazza era stata degente per qualche tempo in una clinica privata di Santa Maria, in Calanca. Tornata in Italia, è infine morta. Prima del decesso, le autorità sanitarie venete avevano segnalato il caso al Tribunale dei minori, che aveva decretato la decadenza della patria potestà genitorial­e, affidando la giovane alla tutela di un medico. I genitori – ricordano i media italiani – erano quindi stati indagati per omicidio colposo, aggravato dalla previsione dell’evento. Secondo la tesi della Procura di Padova, non accolta dal giudice, i genitori avrebbero osteggiato qualsiasi forma di contrasto medico ingenerand­o in Eleonora, minorenne fino a quattordic­i giorni dalla morte, la convinzion­e che la chemiotera­pia non solo fosse inutile, ma fosse pure nociva. Così lei si era affidata a cure palliative con metodi naturali – come detto anche in Ticino e nel Moesano – che però non hanno contrastat­o la malattia, portandola alla morte.

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