Ex trader contro la giustizia ticinese
Rivera, indagato per reati finanziari, sporge denuncia. Il ‘Corriere della Sera’ cita Bertoli e il pp Gianini
Sotto accusa per reati finanziari, Rivera sporge denuncia. Il ‘Corriere della Sera’ cita Bertoli e Gianini, che respingono le accuse: ‘Discussioni aperte in ossequio ai disposti di legge’.
L’avvocato e il procuratore replicano sostenendo di aver agito secondo la legge
Il procuratore pubblico Andrea Gianini e l’avvocato Marco Bertoli – ex procuratore, oggi incaricato dell’inchiesta amministrativa sullo scandalo Argo 1, nonché sindaco Plr di Cadenazzo – sono citati dal ‘Corriere della Sera’ di ieri in merito alla vicenda di Roberto Rivera, ex trader italiano di Lehman Brothers, la società attiva nei servizi finanziari a livello globale implosa nel 2008. Da allora Rivera è indagato dal Ministero pubblico ticinese per i reati di amministrazione infedele, appropriazione indebita e riciclaggio. Nell’ambito dell’inchiesta, seguita al crollo della Borsa nel 2008 e al successivo fallimento della Aston Bank di Lugano attraverso la quale Rivera avrebbe operato, gli sarebbero stati sequestrati dalla Procura beni per 8 milioni di euro. Quanto al pp Gianini e all’avvocato Bertoli, tutto ha inizio – spiega il quotidiano italiano – il 3 maggio 2016, quando nel proprio studio di Lugano l’avvocato Bertoli avrebbe accolto Rivera senza sapere che la conversazione sarebbe stata registrata dallo stesso indagato e che quanto il legale stava per dire sarebbe finito in una denuncia al tribunale di Como. Scrive il ‘Corsera’: in quell’incontro Bertoli “sembra invitare il proprio cliente a versare un milione di euro per liberarsi di una serie di accuse per reati finanziari che da otto anni giustificavano il sequestro del patrimonio”. «Posso confermare che non so di procedimenti nei miei confronti ai quali non avrei difficoltà a rispondere – replica Marco Bertoli sollecitato dalla ‘Regione’ –. Circa le affermazioni (non conoscendo i contenuti della supposta registrazione – che non ho né letto, né sentito – e per la quale mi riservo semmai sporgere querela) posso solo riferire che nell’ambito del mandato di allora, come sovente avviene, fu anche tematizzata l’ipotesi di una soluzione transattiva con le parti civili che sarebbe stata sottoposta al magistrato. Non mi risulta poi se il cliente abbia aderito alla stessa avendo dismesso il mandato. Non conosco il seguito della vicenda, né a che stadio sia la procedura di merito e confiscatoria. Anche in forza del segreto professionale non rilascerò alcuna dichiarazione in merito». Considera l’articolo un tentativo di delegittimare la sua persona, oggi al centro dell’interesse pubblico in qualità di perito sul caso Argo 1? «Assolutamente no – risponde Bertoli –. Non ho motivo di ritenerlo». Sulle pressioni che Rivera avrebbe ricevuto affinché pagasse per essere prosciolto, senza andare a giudizio, e poter recuperare quanto resta del patrimonio, il giornale pubblica gli stralci non solo delle conversazioni con l’avvocato, ma anche quelle dell’incontro fra un altro legale di Rivera e il procuratore pubblico Andrea Gianini, titolare dell’inchiesta. Ecco la citazione, riportata dal ‘Corsera’, del pp: “Lui non può dirmi che se ne frega. Lui deve venir qua a dire: ‘Io qualcosa lascio (...)’. E questo permette a me, al di là della morale di quello che dice lui, di giustificare una decisione di assoluzione”. Più oltre il pp Gianini avrebbe aggiunto: “Quando ci sono i soldi di mezzo trovi l’accordo dappertutto”. Da noi contattato, Gianini contesta categoricamente la posizione di Rivera e le tesi contenute nell’articolo. Nessun escamotage, bensì le possibilità offerte dal Codice penale e dal Codice di procedura penale svizzeri. «Sono state aperte delle discussioni in ossequio ai disposti della legge, segnatamente l’articolo 53 del Codice penale svizzero, che prevede che se il danno viene riparato si può prescindere dal procedimento penale. Ma il danno deve essere riparato nell’interesse delle vittime, non di certo nell’interesse del magistrato». Gianini si dice quindi «oltraggiato dalle sibilline allusioni al fatto che avrei anche solo potuto intascare un franco»; infatti, tutte le parti di un procedimento – e in questo caso sono numerose – hanno conoscenza dei fondi sequestrati e contro qualsiasi decisione del pubblico Ministero possono interporre reclamo. Secondo il ‘Corriere’ dal blocco dei fondi, nel dicembre 2008, le indagini non avrebbero fatto un solo passo avanti, mentre “il 30 ottobre 2017, la Corte dei reclami penali del Canton Ticino ha riconosciuto a Rivera la ‘denegata giustizia’”. Per la Crp a nove anni dal sequestro la Procura di Lugano “non aveva fornito sufficienti indizi di colpevolezza”.