Borse, quali tendenze nel 2018?
Se dovessimo prestar fede all’umore dominante tra i piccoli investitori, non ci sarebbe alcun dubbio sulla direzione al rialzo delle Borse il prossimo anno
Per costoro, stando al sondaggio mensile dell’università del Michigan, le probabilità di un rialzo di Wall Street sarebbero al 65%, una percentuale che non s’era mai vista se non nei folli mesi tra il 1999 e il 2000. A dar retta ai grandi investitori, ovvero agli ‘strategist’ delle maggiori banche d’affari, l’indice S&P500 dovrebbe salire oltre i 2.800 punti a fine 2018 che equivale a un non entusiasmante rialzo del 6% dalla chiusura del 30 novembre (2.648). Ma, se si tiene conto che la gran parte delle previsioni data attorno a metà novembre e che nel frattempo Wall Street è salita di un abbondante 2%, se ne deduce che i grandi investitori hanno stimato un rialzo medio per la Borsa americana poco sotto il 10%: guarda caso in linea con la crescita prevista degli utili societari che è oltre l’11% secondo i dati Thomson Reuters e s’aggira attorno al 9% per il campione (una dozzina) delle grandi banche d’affari prese in considerazione.
Ma i pessimisti non mancano
Ma questo campione non include i pessimisti, quelli che, come SocGen e Bank of America (BofA), pronosticano invece un crollo di Borsa il prossimo anno. BofA resta un poco nel vago e, dopo aver predetto un rialzo dell’S&P fino a 2.860 punti nella prima metà dell’anno, ne predice invece una forte caduta in seguito e si presume possa essere tra il 10 e il 20%. SocGen è più circostanziata e indica un obiettivo di 2.500 punti per fine 2018 (-5,5% dalla chiusura di giovedì scorso), un crollo a 2.000 nel 2019 (-25%), cui seguirebbe una piccola risalita a 2.200 nel 2020. Da questo rapido excursus, ogni lettore può trarre le conclusioni che più gli aggradano e, benché la media dei grandi investitori segnali un diffuso ottimismo, il comportamento dei mercati il prossimo anno, e a maggior ragione nel 2019 o nel 2020, più che prevedibile è del tutto aleatorio. Si può notare che chi è stato pessimista nel 2017 tende ad esserlo ancor più adesso e chi era ottimista resta tale perché gli eccezionali progressi delle Borse negli ultimi 13 mesi (+24% l’S&P dal 4 novembre 2016 e +16% lo Stoxx) creano una sorta d’inerzia nelle aspettative degli investitori. L’unica eccezione nel campione delle banche d’affari considerate è Goldman Sachs: rimasta nel corso di quest’anno assai prudente, al punto da dover rivedere al rialzo gli obiettivi di Wall Street man mano che il mercato frantumava i suoi target price, ha infine ceduto all’ottimismo nell’ultimo mese nel teorizzare, a imitazione degli analisti di Barclays, la nozione di «esuberanza razionale». Ora, per Goldman, si schiuderebbe un triennio di ulteriore ma più composto entusiasmo, che porterebbe l’S&P a quota 3.100 nel 2020, con un rialzo del 18%. Più interessante è semmai capire le motivazioni che sorreggono le diverse stime. Se trascuriamo le (non prevedibili) preoccupazioni di natura geopolitica, la folta schiera degli ottimisti fa leva sulla sincronizzata ripresa economica un po’ ovunque, sull’accelerazione degli investimenti, sulla crescita degli utili societari che si profila oltre il 10% negli Stati Uniti (anche grazie all’attesa riforma fiscale) e un po’ meno in Europa, sul modestissimo rialzo dell’inflazione, che dovrebbe mitigare il processo di normalizzazione monetaria avviato dalle banche centrali. Per quasi tutti, dovrebbero essere le “più convenienti” Borse dell’eurozona a dare i maggiori ritorni. I pessimisti obiettano un po’ su tutte queste motivazioni. La Fed alzerà i tassi d’interesse almeno 3 volte il prossimo anno e la curva dei rendimenti finirà per invertire davvero: cosa che, secondo BofA, ha negli ultimi 50 anni sempre preannunciato una recessione: data per assai probabile anche da JPMorgan nel 20192020, per possibile (al 25%) da Morgan Stanley il prossimo anno e, assieme a SocGen, per certa nel 2020.