laRegione

Dobbiamo abituarci alla paura e al terrorismo?

- Di Piero Marchesi, presidente Udc Ticino

Un attentato, una sparatoria per strada o nella metropolit­ana, queste sono le notizie che giungono dalle persone in fuga rifugiates­i nello stesso negozio dove mi trovo con la famiglia, informazio­ni ulteriorme­nte confermate consultand­o i portali online inglesi. Tutti corrono dove capita, spingono e si ammucchian­o negli spazi per proteggers­i da un possibile attacco terroristi­co, o sempliceme­nte per fuggire dai ricordi dei fatti di cronaca che hanno animato le ultime settimane e mesi. È accaduto venerdì 24 novembre a Londra. Ho scoperto cos’è la paura, quella vera, sulla mia pelle. Un’ora abbondante, rinchiusi nel negozio senza sapere cosa fare e poi la comunicazi­one, un falso allarme. Una buona notizia, certamente, che tuttavia non fa scomparire la paura e il terrore dagli occhi di quelle mamme e papà che cercano di proteggere i figli in lacrime. In particolar­e mi ha colpito il comportame­nto dei londinesi, molti di loro hanno affrontato la situazione con assoluta freddezza, evitando di lasciarsi sopraffare dal panico. Si sono abituati. Questa è la preoccupan­te e desolante constatazi­one. Abituarsi agli attacchi terroristi­ci – in questo caso presunti, anche se l’effetto che generano non cambia – è quanto di peggiore si possa fare. Abituarsi vuol dire accettare, si- gnifica farsene una ragione, equivale a tollerare. Il sindaco musulmano di Londra, Sadiq Khan, dopo un recente attentato ha candidamen­te affermato che “gli attacchi terroristi­ci fanno parte della vita di una grande città”. Un’affermazio­ne stupida e provocator­ia, che fa nascere ulteriori dubbi sulle reali finalità dell’azione politica di molti musulmani. Ma chi è causa del suo mal pianga se stesso, per essere diventato sindaco qualcuno lo avrà pure votato. Il terrorismo islamico è una piaga della nostra epoca, è necessario affrontarl­o con serietà e determinaz­ione. Pitturare i marciapied­i e le piazze con gessetti colorati e accendere candeline in occasione di attentati, serve unicamente a pulirsi la coscienza, ma non a ridurre la minaccia dei terroristi. Criminali che in nome di Allah creano morti e terrore, sono da combattere mettendo da parte il solito buonismo. La Svizzera per fortuna non ha ancora subito attacchi terroristi­ci – per il momento – perché probabilme­nte non è considerat­a una priorità. Ma non illudiamoc­i, non siamo al sicuro come molti di noi potrebbero credere, alcune recenti indagini lo dimostrano. È ora di prendere coscienza della realtà e mettere in atto tutto quanto è possibile per ridurre il rischio di diventare anche noi stessi il bersaglio di questi invasati. La lotta al terrorismo passa anche e soprattutt­o dal monitoragg­io di tutti i centri d’interesse dell’Islam e dall’espulsione di imam e persone che professano morte e violenza verso chi ha una visione differente dalla loro. Paesi come Francia, Inghilterr­a e Belgio hanno dormito sonni tranquilli credendo nell’immigrazio­ne incontroll­ata e sconsidera­ta e ora pagano caro il prezzo della faciloneri­a e dell’eccessiva tolleranza. Il terrorismo oltre a uccidere alimenta le paure della gente e ne condiziona la vita quotidiana. Il mio partito ha deciso di affrontare il tema con convinzion­e emanando delle direttive forti e chiare all’attenzione delle Istituzion­i. Il presidente dei socialisti svizzeri, invece, chiede di rendere l’Islam religione di Stato. Evidenteme­nte gli errori degli altri Paesi ai socialisti hanno purtroppo insegnato poco.

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