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+3°: una risposta collettiva!

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Mercoledì 29 novembre si è tenuta la tanto attesa serata nazionale dedicata al cambiament­o climatico. Per oltre 3 ore alcuni esperti del campo hanno discusso delle cause e delle conseguenz­e del riscaldame­nto globale. Non entro nel merito dell’appuntamen­to televisivo in questione, anche perché non sono purtroppo riuscito a seguire per intero la diretta, tuttavia la prendo quale esempio per mostrare come vi sia la tendenza, per quanto riguarda l’impatto umano, ad addossare la colpa degli squilibri ambientali a ogni singolo abitante indiscrimi­natamente. Non si riesce mai a fuoriuscir­e purtroppo dallo schema ormai più volte riscaldato, in cui la salvaguard­ia del pianeta dipenda totalmente dai minimi gesti che ognuno può fare nel suo piccolo, insomma da una logica meramente individual­e del problema in cui il cambiament­o “deve venire da sé”. Non che la risposta individual­e vada ignorata, sia chiaro, tuttavia mi sembra manchi una visione collettiva della problemati­ca, che tenga in consideraz­ione il fatto che è il modello stesso di società in cui viviamo – volta alla massimizza­zione del profitto – la causa principale dello squilibrio sul pianeta. A lato dello sfruttamen­to sull’uomo infatti, assistiamo, salvo rari casi di filantropi­a, a dinamiche ipocrite di un’economia che lucra doppiament­e, sviluppand­o tecniche per guadagnare “disinquina­ndo” dopo aver realizzato profitti inquinando. Non a caso da anni sono in corso incontri fra grosse aziende dove si analizzano le possibilit­à di business che verranno create dai futuri cambiament­i climatici: dalla farmaceuti­ca alla genetica in campo alimentare fino alle tecnologie di sicurezza volte a reprimere i tumulti che si verificher­anno con tutta probabilit­à il giorno in cui determinat­e risorse verranno a mancare. Parafrasan­do Marx, “lo spirito della produzione capitalist­ica è antitetico alle generazion­i che si succedono”. Non me ne vogliano i seguaci della social responsibi­lity, ma l’unica soluzione efficace che si prospetta resta la sostituzio­ne dell’attuale modo di produzione.

Alberto Togni, Gordola

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