I silenzi del clero sulla pedofilia
Presentato in Australia il rapporto sugli abusi sessuali ai danni dei minori. Il premier: una tragedia nazionale. No dell’episcopato a ‘violare’ la segretezza della confessione.
Sydney – La pedofilia è una “tragedia nazionale”. Il premier australiano ha commentato così i risultati dell’inchiesta che ha raccolto le deposizioni di oltre 15 mila persone e udito a porte chiuse oltre 8’000 vittime di abusi sessuali, in gran parte subiti in istituzioni religiose. Abusi contro i quali il voluminoso rapporto raccomanda 400 provvedimenti, tra i quali l’obbligo per i sacerdoti di riportare alla polizia gli abusi sessuali a loro confessati; e il passaggio alla volontarietà del “voto di castità”, considerato una delle origini di molti abusi sui minori. Indicazioni respinte dai vescovi cattolici di Sydney, Anthony Fisher, e di Melbourne, Dennis Hart. Quest’ultimo ha infatti ammesso che se qualcuno gli rivelasse in confessione di aver commesso abusi su minori si sentirebbe “terribilmente combattuto”, ma non violerebbe il segreto. «La pena per un sacerdote che viola il segreto della confessione è la scomunica, è una questione spirituale, reale e grave», ha aggiunto. Un’attitudine che spiega anche perché l’ex cardinale di Sydney George Pell, interpellato a sua volta dalla commissione, abbia dovuto ammettere di aver coperto reati commessi da sacerdoti della sue diocesi. Il prelato è stato in seguito rinviato a giudizio, e il prossimo marzo dovrà rispondere di accuse di multipli reati di pedofilia. L’inchiesta più approfondita sulla pedofilia nella storia d’Australia ha messo in luce un dato impressionante: oltre il 60% delle vittime ha detto di avere subito abusi da preti e religiosi della Chiesa cattolica che, secondo la Commissione, ha dimostrato “fallimenti catastrofici di leadership”. La stessa Commissione ha chiesto che sia istituito un nuovo reato per facilitare procedimenti penali a carico di istituzioni che hanno mancato di proteggere i minori.