Figli di Guglielmo
Su un giornale locale una ditta bernese cerca qualcuno che spali neve di notte a 25 franchi all’ora. Un lavoro duro, per il quale è richiesto un unico requisito: essere un confederato. Pur rappresentando una discriminazione, questo annuncio non viola la norma penale contro il razzismo poiché non esclude esplicitamente un gruppo a causa di una particolare etnia, della religione o del colore della pelle. Lo scivolone non avrà quindi conseguenze legali. Come non ce ne sono state per la ditta lucernese che nel 2013 cercava un meccanico di apparecchiature agricole anch’esso confederato.
Segue dalla Prima Si potrebbe pensare che si tratti di innocue preferenze personali coltivate nell’illusione che i confederati sappiano lavorare meglio e oltretutto per pochi soldi. Purtroppo l’idea della superiorità svizzera non sembra essere un fenomeno isolato. A volte deborda proprio in puro razzismo, come nel caso dell’ostessa del Toggenburgo che l’estate scorsa si è rifiutata di dissetare – dietro compenso, va da sé – un gruppo di richiedenti l’asilo accompagnato da un responsabile della Protezione civile dopo una giornata trascorsa a strappare erbacce invasive. Non c’è stato verso: la signora “non serviva negri”. Un caso simile riguarda l’apparizione presso chioschi zurighesi di copie della rivista nazista ‘Schwerteträger’ (“il portatore di spade”) che divulga idee revisioniste sulla Seconda guerra mondiale. Solo dopo le proteste diffuse dai media la rivista è stata tolta dal mercato dalla distributrice 7Days Media. Che il clima sia un po’ teso lo conferma la decisione presa a novembre dalla polizia di Zurigo che, per placare i risentimenti xenofobi, in futuro non indicherà più d’ufficio alla stampa la nazionalità degli autori di crimini. Aspramente criticata dagli ambienti più conservatori, quest’iniziativa potrebbe anche servire a qualcosa se non nascesse in un contesto già compromesso, che vede i poliziotti stessi accusati di effettuare racial profiling, ovvero controlli discriminanti basati unicamente sul colore della pelle. Non sorprende dunque che l’appello lanciato la primavera scorsa dalla sindaca zurighese Corine Mauch, che in una lettera invitava gli stranieri residenti in città con permesso B o F a naturalizzarsi prima dell’entrata in vigore delle restrizioni nel 2018, abbia scatenato una reazione tanto entusiasta. A luglio e ad agosto le richieste hanno superato del 68% quelle dell’anno scorso, mentre ad ottobre vi è stato un picco di ben 791 richieste. Vista l’incertezza imperante, è comprensibile che le persone vogliano mettersi al sicuro. Peccato che oggigiorno, in certi ambienti, gli svizzeri di carta vengano considerati inferiori ai confederati di antica discendenza, quelli, per intenderci, che sanno spalare la neve e riparare i macchinari agricoli meglio degli altri. Il club degli svizzeri si restringe, dunque, e il gioco si fa duro. Presto rinunciare alla doppia cittadinanza potrebbe non bastare più.